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Scintille a Palermo, Lagalla: azionata la macchina del fango, io garante antimafia

Franco Miceli e Roberto Lagalla

«Se la sinistra ha scelto di affrontare la campagna elettorale di Palermo attivando la macchina del fango, evidentemente è a corto di argomenti. Non intendo percorrere alcun sentiero dialettico che mi porti lontano dai problemi reali della città. Sarebbe facile fare riferimento alla campagna del 2017, quando Ferrandelli difendeva fra i suoi alleati proprio Totò Cuffaro, evidentemente amico comune. Oppure dovrei andare a fondo della vacuità della campagna di Miceli e rammentare di quando il Pd cercava il campo largo coni centristi. In questo caso, se si fosse realizzata, sarebbe forse stata una coalizione meno maleodorante?». Così Roberto Lagalla, candidato sindaco del centrodestra a Palermo. E continua: «La mafia è un virus mutante, infido, è un fenomeno sociale complesso, guai a cadere nella tentazione delle facili generalizzazioni e dei luoghi comuni. Chi lo fa, vuole solo nascondere sotto il tappeto dell’antimafia parolaia tutta la polvere che soffoca la nostra città, da troppo tempo in mano alla sinistra. Sono e sarò garante di una coalizione che, lontana da ogni diversa motivazione o tentazione, intende sposare gli interessi legittimi e le aspettative delle donne e degli uomini onesti di Palermo».

Poche ore prima il candidato sindaco di Palermo del centrosinistra, Franco Miceli, aveva detto:  «C’è qualcuno che vuole riportare indietro a un’epoca nefasta le lancette dell’orologio. Il centrodestra è un minestrone maleodorante che ignora o finge di ignorare che negli ultimi trent’anni a Palermo si sono radicati dei valori che faranno da scudo a chi ripropone quelle logiche. Non guardo alle figure che hanno manovrato la costruzione del centrodestra, come Cuffaro e Dell’Utri. Io l’ho con Lagalla che non prende le distanze, anzi, rinvigorisce e rinsalda ogni giorno i rapporti con delle realtà che dovrebbero stare fuori da ogni processo politico e che invece parlano liberamente del futuro di Palermo ragionando su poltrone comode e meno comode, sulle Partecipate e sulla distribuzione di prebende a mogli e figli dei loro candidati. Il quadro è desolante».  Miceli continua parlando  di «vecchie logiche di potere e distruttive e di poteri mafiosi che hanno fortemente condizionato la pubblica amministrazione fino al 1993: anni in cui non c’era alcuna partecipazione, c’era il soffocante peso di chi sottraeva risorse pubbliche per investire negli interessi di pochi. Palermo non dimentica. Non darà sostegno a chi la farebbe tornare a quegli anni bui, in atto c’è una guerra di valori e gli elettori sanno qual è la posta in gioco».

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