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Mafia e voto di scambio, in un bar di Carini la consegna di mille euro: «Fondi Ue nei piani di Ferrigno»

Salvatore Ferrigno, 62 anni, arrestato con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso

L'incontro è avvenuto in un bar di Carini. Era il 17 settembre quando Salvatore Ferrigno, candidato dei Popolari Autonomisti all'Ars, e Piera Loiacono, accusata di essere intermediaria tra il politico e il mafioso Giuseppe Lo Duca, si presentarono all'appuntamento per la consegna del denaro. Quell'incontro, filmato dalle telecamere piazzate dai carabinieri di Palermo, è uno dei momenti fondamentali dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guidoa che ha portato agli arresti per scambio elettorale politico-mafioso. Ferrigno, Loiacono e Lo Duca sono i destinatari dei provvedimenti.

La consegna di denaro

Nelle immagini acquisite dai carabinieri, si vede la consegna di denaro da parte del candidato all'Ars alla donna. Secondo i pm, i soldi erano destinati a Lo Duca. «Alle 20:18 - scrivono i carabinieri - si aveva modo di riprendere Ferrigno nell'atto di prendere qualcosa dalla tasca dei pantaloni per poi consegnarla alla Loiacono che repentinamente riponeva tutto nella borsa».

C'è poi un dialogo intercettato dalle cimici piazzate nell'auto di Piera Loiacono da cui si evince che aveva ricevuto da Ferrigno mille euro con la promessa di ulteriori consegne di soldi. «E Peppe si accontenta?» chiede alla donna l'uomo che è con lei in auto, riferendosi, secondo gli inquirenti al boss. «E se non si accontenta non posso fare più niente»,  è la risposta della Loiacono.

Lo Duca, figlio del capomafia Matteo soprannominato “Panturru”, e sotto intercettazione dei carabinieri su richiesta del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Giovanni Antoci e Alfredo Gagliardi della Dda di Palermo aveva avanzato una richiesta che andava ben oltre quei mille euro. «Non meno di cinque a paese», era la richiesta di Giuseppe Lo Duca a Piera Loiacono in una conversazione intercettata. «Io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi e basta e sono: Carini, Torretta, Cinisi e Terrasini». E in cambio di quel denaro garantiva «non meno di duecento voti a paese».

Le promesse di Ferrigno e i fondi Ue

L'accordo tra Ferrigno, Loiacono e Lo Duca sarebbe andato oltre il denaro pattuito. E avrebbe previsto anche altre fonti di guadagno in cambio dei voti.

«Nel tentativo di tirare sul prezzo e ridurre l'esborso dovuto per l'appoggio elettorale, Salvatore Ferrigno tenta di allettare i suoi interlocutori (diretti e indiretti) con la prospettiva di accedere a futuri progetti aventi più ampi margini di guadagno rispetto al risibile compenso richiesto per la raccolta di voti», scrive il gip che ha disposto l'arresto.

Il candidato all'Ars, non sapendo di essere intercettato, infatti, dice alla Loiacono: «Appena ci vediamo ti spiego alcuni progetti che ci possono cambiare completamente perché si deve parlare di soldi grossi, di progetti». E sottolineando di non voler parlare direttamente con Lo Duca ma di volere avere a che fare solo con lei, durante la conversazione aggiunge: «Dei progetti della Comunità Europea, di fondi comunitari, di queste cose dobbiamo parlare».

In un'altra intercettazione Ferrigno precisa: «Io non cerco di comprare i voti perché i miei collaboratori li metto in società con me». E al riguardo il gip scrive: «Il senso di tale affermazione appare fin troppo chiaro. Ferrigno riteneva di poter sostituire l'oggetto della propria prestazione convertendola da una mera dazione di denaro per la raccolta dei voti ad una vera e propria condivisione programmatica di finalità e azioni politiche».

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