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Troppi locali della movida, a Palermo come altrove: per Confimprese «causano la desertificazione dei centri storici»

L'associazione identifica tre fenomeni che fanno sparire le microimprese commerciali e le botteghe artigiane: la modifica morfologica, la nascita spontanea delle cittadelle del divertimento con la conseguenza dei fatti di violenza, l’abbandono dei residenti a favore degli affitti brevi

Via Maqueda, a Palermo

Confimprese individua nella presenza di un numero eccessivo di locali una delle cause della «desertificazione dei centri storici». In un documento la sezione palermitana dell’organizzazione del commercio interviene in parallelo con la presidenza nazionale.

Palermo come il resto d'Italia

Secondo Confimprese Italia, «una delle conseguenze dell’abbandono dei centri storici da parte delle microimprese commerciali e degli artigiani - si legge in un documento - è il proliferare dei pubblici esercizi che finisce per provocare almeno tre effetti negativi: la modifica morfologica dei centri storici, il nascere spontaneo di una sorta di cittadella del divertimento con la conseguenza dei fatti di violenza generati dalla malamovida, l’abbandono dei residenti a favore degli affitti brevi». Palermo, pertanto, non si differenzia dalle altre grandi città italiane.

Il presidente D'Amico

«Mantenere la presenza nei centri storici – ha dichiarato il Presidente di Confimprese Italia Guido D’Amico - è una necessità sociale e non più una questione di carattere solo economico». D’Amico fa poi un riferimento alla legge nazionale sulla concorrenza. «D’altronde – insiste – se per legge si fa una specie di appello ai sindaci per mediare sui prezzi degli affitti, vuol dire almeno due cose: l’abbandono dei centri storici da parte di commercianti ed artigiani va evitato e gli affitti troppo alti sono una causa del loro abbandono».

Il prezzo degli affitti

Sulla vicenda interviene anche il vicepresidente vicario di Confimprese Italia, il palermitano Giovanni Felice: «Il prezzo degli affitti - dichiara - è una delle principali cause dell’abbandono del centro storico da parte di piccoli artigiani e delle micro attività commerciali. Nel conto economico il “peso” degli affitti non può superare il 10% del fatturato, in realtà a volte l’incidenza dell’affitto supera il 30%. Da qui la chiusura degli esercizi commerciali».

Le proposte

«Se il governo vuole salvaguardare questo tipo di impresa – sottolinea Felice, che è anche presidente di Confimprese Palermo – deve compiere atti legislativi concreti come ad esempio una cedolare fissa molto bassa limitata a queste attività, riduzione dell’Irpef sulla parte derivante da affitti commerciali di piccole attività nei centri storici, crediti d’imposta sugli affitti delle piccole attività commerciali ed artigianali che aprono o già svolgono la loro attività nei centri storici, azzeramento Tari e riduzione Imu, per questa tipologia di locali».

Un vertice con il Comune di Palermo

Il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, ricorda l’associazione imprenditoriale, ha dichiarato nei giorni scorsi, accogliendo la proposta di Confimprese Palermo, di volere convocare a breve una consulta per lo sviluppo con le associazioni di categoria. «Tra i primi punti in discussione – conclude Felice – porteremo in consulta proprio il problema del caro affitti».

 

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