Niente aiuti per le assunzioni ma condizioni favorevoli a investire e a fare crescere l’industria in Italia. La strada indicata dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che è intervenuto oggi (24 gennaio) a Palermo nel corso di una tavola rotonda nella sede della Banca d’Italia, è quella di un Paese che rifugge dall’assistenzialismo e cerca invece una crescita produttiva. «Non vogliamo - ha affermato Bonomi - aiuti che non ci sono dovuti. Dico da sempre che non voglio soldi pubblici per assumere, ma stimoli agli investimenti. Non è battaglia corporativa, ma nell’interesse del Paese. Senza industria non c’è Italia e senza industria non c’è Europa. Avere un’industria forte è nell’interesse del Paese».
«A Mario Draghi - ha detto Bonomi, riferendosi all’incontro avuto con l’ex governatore della Banca d’Italia, ex presidente della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio dei ministri - abbiamo rappresentato la necessità fortissima di stimolo agli investimenti, in presenza di una classe politica europea che mi pare non abbia capito l’urgenza. Abbiamo la necessità di fare le cose velocemente e farle bene, perché queste azioni determineranno il futuro dell’Europa tra 20-30 anni. Abbiamo condiviso il fatto che è meglio presentare il documento sulla competitività dopo le elezioni europee, perché altrimenti rischiamo di bruciarlo».
Le idee non mancano. «La settimana scorsa la presidente von der Leyen ha parlato di eurobond. Sette anni fa - è la rivendicazione di Carlo Bonomi - li propose Confindustria e non ci ascoltò nessuno. Oggi si svegliano in Europa e dicono che abbiamo bisogno degli eurobond per fare gli investimenti. Non abbiamo capacità divinatorie, ma gli imprenditori, stando nel mondo, si rendono conto di quello che serve a un Paese. Il tempo è galantuomo e ci dà ragione».
Eppure, sembra dire il leader degli industriali italiani, di tempo non ce n'è più. «Siamo di fronte a una grande sfida di competitività - ha spiegato a Palermo - che ci hanno lanciato Stati Uniti e Cina. I primi hanno lanciato il più grande progetto di reindustrializzazione del dopoguerra, la seconda una grandissima sfida sulle nuove tecnologie. L’Europa, invece, sta brillando più per capacità di regolamentazione che per dinamismo economico. Stiamo perdendo posizioni molto importanti». Secondo Bonomi, «l’Ue non è mai stata un campione dal punto di vista politico, siamo la somma di 27 nazioni, non siamo un campione militare, eravamo un campione dal punto di vista economico, ma ora stiamo arretrando velocemente anche in quello. Negli ultimi 24 mesi gli investimenti europei rispetto a quelli americani sono crollati. Quelli italiani, che nel 2021-2022 sono cresciuti a doppia cifra, nel 2023 sono stati pari a zero».
Insomma, viene fuori il quadro di un’economia che non versa in splendide condizioni di salute. «Credo che in Italia nel 2024 avremo, purtroppo, una crescita non superiore all’1 per cento, questo perché non stiamo intervenendo sui fattori strutturali del Paese», è la diagnosi del leader degli industriali. «Non è una questione politica, di chi c’è al governo - ha aggiunto -. Con il Pnrr avevamo una grande occasione, quella di fare le riforme che aspettiamo da 30 anni e che ci chiede l’Europa con questo piano, ma l’Italia è un Paese che non trae lezioni da quello che succede, dalla storia. È un Paese che continua a essere straordinario in emergenza, ma non programma e non risolve i problemi strutturali. Discutiamo di un panettone, degli amici e dei parenti, ma non affrontiamo i temi di cui sta discutendo il mondo. In ballo c’è il futuro dei nostri figli».
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