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Palermo, l’aumento della Tari bloccato sul nascere dalla ragioneria generale

La ragioneria generale del Comune di Palermo mette il freno alle maggiori spese. E sull'ipotesi di un aumento della Tari, la tassa sui rifiuti, abbassa la saracinesca. Avverte del pericolo che un rialzo delle tariffe può avere sulla costruzione del piano di riequilibrio, visto che poi bisognerà trovare una quota d’accantonamento per garantire la quota dei morosi, il famigerato fondo crediti di dubbia esigibilità.

Ma andiamo con ordine per comprendere bene una questione solo apparentemente complessa. La Rap, come ha svelato nei giorni scorsi il Giornale di Sicilia, aveva rappresentato formalmente all’amministrazione comunale la necessità che il costo complessivo del Pef Tari (il piano economico finanziario, l'insieme cioè di voci di spesa da cui poi si ricava il corrispettivo contrattuale) già approvato dalla Srr per le annualità 2022 e 2023, pari a 100.745.482 oltre Iva, fosse incrementato.

In una lettera, infatti, Girolamo Caruso, amministratore dell'azienda di via Cairoli, aveva scritto che «dovendo il gestore (cioè la Rap, ndr) assicurare azioni e strumenti volti alla gestione efficace ed efficiente dei servizi di igiene ambientale», si «ravvisa la necessità di procedere con una revisione del Pef 2023».  Più soldi, insomma, rispetto all'anno precedente. Benché rispetto al corrispettivo del 2021 ci fosse stata una decurtazione di circa 10 milioni. Caruso continua affermando che c'è la «necessità di dotarsi di adeguate risorse umane (un concorso per operai, 306 posti, è in fase avanzata, ndr), strumentali e impiantistiche da cui risulta la previsione di un effort economico non in linea con l’attuale valore del corrispettivo». Insomma, è detto chiaramente che lo sforzo (l’effort) non può essere bilanciato dalle attuali risorse, pari a poco più di 100 milioni.

Ma è proprio sui motivi per cui il ritocco viene chiesto che il ragioniere Paolo Bohuslav Basile storce il naso. E al sindaco Lagalla, all'assessore comunale al Bilancio Varchi e allo stesso Caruso, nonché ad altri elementi di vertice dell'amministrazione, ha scritto una fitta nota con cui cala quella che appare come una pietra tombale sulla pretesa. «Le ragioni giustificatrici di tale richiesta - spiega Basile - risiederebbero nella “necessità di dotarsi di adeguate risorse umane, strumentali ed impiantistiche”». Ma è stato «già escluso - insiste Basile - che l'aumento dei prezzi dei fattori di produzione possa rientrare tra le casistiche dell'aggiornamento straordinario dei Pef -Tari».

Basile segnala «con estrema preoccupazione la delicatezza della problematica all’amministrazione che occorre intervenga con immediatezza a tutela degli equilibri di bilancio». Ricorda infatti il capo della ragioneria che «per l’approvazione delle tariffe si deve intervenire entro il 30 aprile. Ma le decisioni che andranno assunte - ed è il nocciolo dell'altolà - incideranno sugli equilibri di bilancio e sugli effettivi propositi di riequilibrio oggetto di rimodulazione in corso di definizione». Infatti, Basile ricorda che il bilancio di previsione del Comune (il 2022/2024) è stato approvato tenendo conto di un corrispettivo lordo dovuto a Rap nelle annualità 2023/2024 pari ad 110.820.031 euro. Non solo, ma anche con la necessità di «uno specifico accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde) pari ad 62 milioni poiché a quella data l’obbligo di accantonamento era pari alla percentuale del 51.53 per cento». Per cui «a titolo esemplificativo, per ogni milione di eventuale aumento del corrispettivo a Rap occorrerà aumentare la pressione fiscale Tari 2023 di pari importo ed individuare nel bilancio 2023/2025 risorse finanziarie in atto non sussistenti, pari al 51.53% del maggiore costo di Rap, al fine di adeguare l’importo del Fcde».

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