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I fantasmi di Monte Pellegrino, un noir mediterraneo all'ombra del Santuario

Ti sembra di conoscere ogni curva, poi il sole buca le palpebre e tutto cambia colore. Salvatore Luce, cronista di nera, allergico alle “notifiche”, viene catapultato sul monte sacro dei palermitani quando un cadavere «composto con una cura innaturale, a cui mancano due dita» viene ritrovato oltre il belvedere. Si apre così il nuovo romanzo di Giovanni Villino, «I fantasmi di Monte Pellegrino», un’indagine che è giallo contemporaneo, thriller finanziario dal tocco gotico mediterraneo.

L’innesco è classico: l’ingegnere Carlo Cardineletti precipita (o viene fatto precipitare?) dal costone; accanto al corpo le mani segnate, la camicia intatta, il telefono spento – un enigma «suicidato» più che un suicidio . Ma Villino spinge subito fuori dai binari: nei capitoli alternati troviamo il diario notturno della vittima, fermo alle 22:45 del 23 giugno – la vigilia di San Giovanni, notte di erbe magiche e di passaggi tra mondi – e un filone di riciclaggio che punta dritto a indirizzi telefonici della Santa Sede . La struttura corale – voci dei testimoni, memorie liceali, report giudiziari – crea un montaggio rapido ma mai confuso: la suspense non nasce dall’effetto speciale, bensì dallo scarto continuo fra la “cronaca” registrata da Luce e il soprannaturale che filtra dalle pendici del monte.

Il coro imperfetto dei personaggi

Salvatore Luce è il protagonista più umano che si potesse chiedere: incasinato, ironico, pieno di tazze sbrecciate e rimpianti amorosi . Il suo cinismo da redazione convive con un’ostinata, quasi infantile, ricerca della verità, ed è proprio questa frattura interiore a farcene innamorare. Nadine Cardineletti, la figlia, irrompe sulla scena “con gli occhi verdi che non hanno più lacrime” : ex compagna di liceo di Salvatore, riporta a galla nostalgie adolescenziali (le mattine al Don Bosco, il cerchietto nei capelli, gli appunti perfetti) e al tempo stesso incarna l’innocente in bilico sul margine del precipizio. Lucia, fidanzata di Luce, direttore amministrativo di una piccola casa editrice, regala una sottotrama sentimentale realistica: la gelosia esplode quando lui pronuncia – maldestramente – il nome di Nadine. Sullo sfondo, l’algido magistrato Giuseppe Sottile, eternamente primo della classe, e il fotografo old-school Ennio danno vita a un “buddy-movie” siciliano degno di un film di Ciprì e Maresco.

A colpire, però, sono i comprimari “segreti”: il vaccaro che distingue «l’aura dei vivi da quella dei morti» e i frati domenicani che scivolano nel buio della grotta di Santa Rosalia. È in queste apparizioni che il romanzo s’immerge nella tradizione gotica mediterranea, senza perdere credibilità.

Palermo come insieme di sensi

Villino non descrive la città: la fa sentire. Dal tanfo di asfalto arroventato in piazza Crispi alle folate di resina che salgono dai pini di Monte Pellegrino, ogni paragrafo lascia addosso un velo di calura o di salsedine. Le curve della via Pietro Bonanno scricchiolano sotto la vecchia Yaris di Ennio , il santuario trabocca di bigliettini votivi, mentre la scena dell’incontro con il vaccaro fra i ruderi antiaerei del Volo dell’Aquila è puro cinema. La montagna, più che un luogo, è un personaggio-divinità che vigila, custodisce segreti, “vede” i fantasmi sin dal culto di Tanit.

La prosa è bardata di dialettismi che non scadono mai in macchietta: servono da acceleratore comico e insieme da termometro delle emozioni. Il codice cambia fra i registri – sms, resoconti di polizia, appunti di redazione – e il risultato è una polifonia credibile. L’autore dosa bene i rallentamenti riflessivi (i pensieri sulla disconnessione, le divagazioni su Prima Pagina) con dialoghi che rimbalzano come pallonate in un cortile salesiano.

I fantasmi di Monte Pellegrino è, prima di tutto, un atto d’amore verso Palermo e le sue ombre. Villino dimostra che si può scrivere un noir metropolitano con il respiro epico delle leggende popolari, senza sacrificare la verosimiglianza giornalistica. È un libro che intrattiene, fa riflettere sulla responsabilità delle notizie e – cosa rara – riesce pure a spaventare con delicatezza.
Se, come dice uno dei personaggi, «Monte Pellegrino non è posto per tutti» , questo romanzo lo è: accoglie lettori di gialli, appassionati di storie civili, amanti del gotico e chiunque creda che, sotto il primo strato di cronaca, viva sempre un fantasma pronto a raccontarci la sua mezza verità.

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