Sappiamo che la splendida Natività di cm 268 x 197 con i santi Lorenzo e Francesco, è una tela «romana» e non siciliana, come si pensava ancora nell’estate del 1969, quando la trasmissione Rai Capolavori nascosti ne disvelava al grande pubblico tutta la bellezza, compresa la localizzazione nel centro storico di una città divisa tra l’abbandono e il pieno dominio di Cosa nostra.
Sia stato o meno l’«appetito televisivo» a stuzzicare fantasie malsane, pochi mesi dopo, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre di 55 anni fa, l’oratorio è violato mentre fuori diluvia e nel silenzio di una Sin city surreale, l’opera d’arte più importante di Sicilia fa perdere le proprie tracce. Due sgherri usano un taglierino, avvolgono l’opera in un tappeto e caricato il tutto spariscono nel tintinnio della pioggia battente. Prima tappa è la ghiacciaia Vernengo al Ponte Ammiraglio; poi nascondigli prossimi alla chiesa di San Ciro e le tenute dei capimafia Bontade e Badalamenti, da dove - forse dentro un camion di frutta - il quadro viene recapitato a un fantomatico mercante elvetico, comunque sparendo dall’Italia.
Più nulla per cinquant’anni fino a quando lo straordinario lavoro del Nucleo tutela artistica dei carabinieri stringe il «cerchio del male» donando speranza. La nostra Natività «bella come la bellezza» è divenuta la pratica numero 799, l’opera most wanted dell’Interpol; il quadro più conosciuto di Caravaggio è al tempo stesso quello meno visto e vissuto dal pubblico. Rogatorie seguite alle risultanze del lavoro della commissione parlamentare Antimafia e rivolte al «paradiso svizzero» non hanno sortito effetti, malgrado i pentiti Francesco Marino Mannoia e Gaetano Grado abbiano fornito attendibili riscontri convergenti.
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