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Mario Tozzi: "Così in Sicilia incendi e rischio idrogeologico vanno a braccetto"

Il geologo e divulgatore scientifico a Palermo per registrare una puntata del programma di Rai3 Sapiens

Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, in questi giorni a Palermo per registrare una puntata del programma Sapiens in onda su Rai3 a novembre, mette in guardia dai possibili rischi che la Sicilia può correre nel breve periodo, quando alla stagione degli incendi seguirà quella delle piogge.

L’Isola brucia quasi ininterrottamente da circa un mese da quando il 24 luglio Palermo fu avvolta dalle fiamme. Boschi e montagne, all’indomani dei roghi, mostrano tutte le loro ferite: intere macchie dove a dominare è la cenere e quei pochi resti di vegetazione non carbonizzata, che adesso rappresentano un serio pericolo.

E a questi si mescola sapientemente il cambiamento climatico: «La siccità - spiega Tozzi - e il cambiamento nel regime delle piogge provocano il fatto che le foreste e i boschi sono più secchi perché le falde vanno più in profondità. Piove di meno, dunque, e questo li rende più secchi. Ciò comporta che gli incendi si innescano più facilmente e spinti da un vento caldo e secco bruciano più rapidamente fette più larghe di territorio. Ecco dove il cambiamento climatico influisce sugli incendi: non li innesca direttamente ma ne semplifica la propagazione, rendendola più rapida e su fronti molto più ampi. Ad esempio come sta avvenendo a Trapani, con la compromissione dell’aeroporto e in tante altre parti dell’Isola».

Incendi e rischio idrogeologico vanno quindi a braccetto. Rimandano alla classica figura del cane che si morde la coda: il primo apparecchia il terreno per il secondo e così via ogni anno. Le radici mancano e non riescono più a trattenere l’acqua che rimane in superficie invece di essere assorbita dal terreno: «Questi roghi provocano un doppio colpo - prosegue il geologo - da un lato gli incendi bruciano e devastano un patrimonio e dell’altro preparano il terreno al dissesto idrogeologico: durante la stagione invernale le radici e il manto boscoso che vengono a mancare permettono alle piogge di aggredire direttamente il terreno, senza essere mediate dalla funzione di trattenimento delle piante».

Insomma, il terreno viene indebolito e a metterci del suo ci pensa come sempre l’uomo: «Nel tempo abbiamo costruito anche dove non si doveva - sottolinea amaramente Tozzi - ma questo è un fenomeno che ahimè riguarda tutto il Paese. Questo accelera i processi di dissesto, in pratica abbiamo creato il rischio dove non c’era. Spostandoci fuori da Palermo, nella zona di Giampilieri, nel Messinese, quello che è successo è stato proprio questo. Un insediamento quasi tutto abusivo, in una zona pericolosa. Non doveva essere fatto e doveva essere abbattuto - prosegue - scusando il gioco di parole, un condono non condona l’aspetto idrogeologico, al massimo ti mette a posto da un punto di vista legale ma il pericolo resta quello».

Pericolo consistente: «Il rischio idrogeologico in Sicilia è cospicuo - avverte Tozzi - non è elevato come in Trentino Alto Adige, dove però le vittime sono minori perché molto meno densamente abitato. Non fa le stesse vittime che fa in Campania, dove il rischio è pure alto, ma ha un po’ dell’uno e dell’altro: per via della natura del territorio e della costituzione giovane dell’Isola da un punto di vista geologico soffre di dissesti. Le piogge sono cambiate e magari in due ore può piovere l’acqua che cadrebbe in 4 mesi - spiega - ma quest’acqua nel sottosuolo non ci va perché abbiamo asfaltato e cementato tutto, dunque per questa ragione si rovescia rovinosamente nei vecchi alvei che non la sostengono: un meccanismo quasi matematico e difficile da contrastare. Si può fare con la prevenzione. La previsione delle grandi piogge si può fare ed è anche abbastanza accurata, basta poi levarsi dalle zone di pericolo. Un passo indietro dobbiamo farlo tutti».

La puntata che andrà in onda a novembre sul terzo canale nazionale ha scelto Palermo per valutare come le città si sono formate rispetto al loro territorio. La città nel suo sottosuolo è attraversata da tanti fiumi ma «qui a Palermo la situazione è complessa - dice -: Papireto e Kemonia sono stati obliterati ormai da troppo tempo, è impensabile un recupero. Si può però ricordarne il percorso, ed è quello che stiamo facendo noi con questa trasmissione, a partire dagli elementi morfologici della città che sono coperti dall’architettura ma che ancora si leggono. Un modo per non dimenticare la memoria».

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