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Il dialogo con un ficus attraverso le immagini: a Palermo la mostra di Munafò

Oltre cinquanta opere riunite in un progetto realizzato per gli ambienti del settecentesco Palazzo Giardinelli

Giuseppe Munafò

Un grande ficus secolare, Palermo e un artista: con un essenziale e potente linguaggio di ricerca, Giuseppe Munafò racconta in una mostra a Palazzo Giardinelli, in via Divisi 74 (l'apertura il 26 maggio alle 19.30), la straordinaria esperienza dell’incontro con l’antico albero e il sorprendente dialogo che ne è scaturito. La percezione effusiva è la nota dominante di uno scambio magnetico che si trasforma in awaking, risveglio cosciente affacciato su una nuova civiltà.

Oltre cinquanta opere riunite in un progetto site specific, realizzato per gli ambienti vibranti di storia del settecentesco Palazzo Giardinelli, conducono il visitatore in uno spazio fisico e mentale che sfoca confini e dilata orizzonti, invitandolo a spostare punti di vista e immergersi in una dimensione di pensiero aperta, ricettiva, liberata da preconcetti e sovrastrutture culturali. Mettersi in ascolto dell’albero per Giuseppe Munafò è stato un evento improvviso, inaspettato, giunto tuttavia dopo molti anni di elaborazioni poetiche e formali intorno al concetto di luce, che irradia e fonde atemporalmente le ere, i mondi, i luoghi, permeando di intelligenza e vita entità umane, vegetali, minerali, ogni oggetto che ci circonda.

Per comunicare lo straordinario messaggio del ficus, Munafò sceglie medium espressivi diversi, affidando loro un significato simbolico al fine di esprimere con un vocabolario concreto, visioni astratte, immateriali eppur così reali, evidenti proprio sotto i nostri occhi, come il titolo della mostra recita. Il processo creativo parte dall’immagine scattata con il suo cellulare che fotografa la corteccia, i robusti rami temprati dalle intemperie e il sontuoso fogliame stagliato sullo sfondo del cuore di Palermo, unendo in simbiosi il proprio sentire al genius loci e allo spirito della pianta monumentale che ha immagazzinato memorie, storie e saggezze che è pronta a rivelare.

Giuseppe Munafò produce così un incalcolabile numero di fotografie e immagini con attenzione a ogni dettaglio, utilizzando la tecnologia nel più alto rispetto della natura senza togliere o aggiungere, massimamente attento a non travisarne l’autenticità. Decide quindi di realizzare macro-immagini, e con sorpresa scopre che vi sono impressi universi che si svelano moltiplicandosi esponenzialmente. Non si tratta di illusioni ottiche ma di effettivi stargate di composizioni cristalline dalle trasparenze luminose, spesso cloisonné che ricordano i meravigliosi rosoni delle cattedrali gotiche e dalle quali affiorano forme e figure. Nelle loro molteplici sfaccettature emergono chiari riferimenti a culture millenarie e le loro iconografie, ma anche ai grandi maestri dell’arte che hanno, come dicono gli orientali, saputo bucare l’astrale e connettere la terra al cielo. Si delineano inoltre volti di re, di regine e di palazzi immaginifici: perfette metafore mutuate da fiabe e novelle capaci di comunicare importanti messaggi.

Sorpreso, meravigliato e ispirato da questo primo folgorante impatto, Giuseppe Munafò sceglie di stamparle su tela con il procedere artistico del printer, lo stampatore nella sua accezione più nobile. Poi individua la tela come supporto ideale per esprimere il legame tra il passato e il presente, facendola dialogare attraverso segni e incisioni con tutte le forze adiacenti e lontane, punto da cui nasce il futuro come in una macchina del tempo che alchemicamente sovverte ogni certezza creandone un’altra, quest’ultima più rassicurante che ci insegna come nulla sia perduto e tutto sia invisibilmente collegato nell’armonia cosmica dell’universo. Il concept del percorso espositivo diviene successivamente pensato come parte integrante della poetica intrinseca, e Giuseppe Munafò, architetto e artista, progetta l’allestimento come un percorso esperienziale interattivo dove il segno, il gesto e lo spazio, con i suoi vuoti come silenzi eloquenti, parlano interconnettendo il visitatore all’insieme.

Nel viaggio che si snoda alla francese nell’infilata in sequenza delle sale, si incontrano alcuni rimandi alle geometrie sacre che caratterizzano il timbro stilistico e contenutistico di Giuseppe Munafò: il triangolo e il cerchio che vi si inscrive relazionandosi alla mistica cristiana della Trinità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e l’irradiamento del Divino, elementi esplorati e riletti in chiave parallela all’universalità dell’unione con altre fedi e figure preminenti di epoche e luoghi oltre ogni confine sull’onda della forza di gravità o dell’assenza di gravità.

Si fondono nell’itinerario aspetti fortemente intellettuali, spirituali ed estetici magnificamente coniugati: si inizia con la prima sala dedicata al Palazzo Reale che affiora dai frammenti fotografici del ficus evocato su un pad con animazioni che portano alla luce l’inaspettato storytelling. Proseguendo avvolti dall’effusion l’ambiente naturale conduce nella Sala dei Senatori, e infine si giunge nella sala del settecentesco camino dove l’albero si rivela anche nella sua fisicità in due installazioni composte da 12 formelle/frammenti, ciascuna indipendente seppur in stretto collegamento alle sorelle. Delineato con la grafite, monocroma, essenziale e idealmente collegata con i padri della pittura antica, Giuseppe Munafò traccia poi un segno che delimita il vuoto e lo espande allo stesso modo, conducendo il visitatore ad affacciarsi alla finestra per vedere Palermo, parte viva dell’opera nella sua interezza, da percepire, ritrovare, e da cui ripartire sperimentando strade per avventurarsi in orizzonti sempre più ampi, incrociando i cammini di un mondo nuovo che già vive e parla di luce, ancora e sempre luce.

 

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