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Il sottile confine fra pazzia e libertà nello spettacolo teatrale L'ultima di Carnali della compagnia di Vittoria Santa Briganti

Serena Barone e Oriana Martucci , «L’ultima di Carnali»

C’è Ninetta in quella brutta scatola di latta che Maria conserva come un tesoro: è la figlia perduta, forse mai nata, forse le è stata tolta, forse un giorno riapparirà.

Intanto, Maria vive persa tra i rifiuti, tra una sedia sfondata, un altarino con i giornali e i biglietti appiccicati con la sputazza, gli scarafaggi che scorrazzano; ci sono le voci che affiorano durante una surreale partita a scopa, i morti giocano con i vivi che sono rimasti lì, intonsi, disperati, rovinati dai ricordi. U’ peccatu resta fuori dalla tana, dove Maria vive sprangata: in tanti gliel’hanno rinfacciato, ma lei, piccola e dimenticata, avrebbe amato cullarlo, quel peccato. Ma è «la pazza», la folle che ogni paese che si rispetti tiene debitamente a distanza, inserrata in quel suo mondo sporco e brutto, una stanza popolata da spazzatura, ammennicoli, una vecchia bici arrugginita dove amerebbe tanto salire, come in quei film americani in cui si corre verso la libertà.

Peppe Macauda ha limato un personaggio straordinario, un sorcetto leggero che ti vien voglia di abbracciare: con le scarpe senza talloni, le calze allentate, i capelli stinti, quel lavacro continuo, le molliche di pane e gli insetti come compagni di lungo corso, Maria è un rifiuto, ma è colma di sogni. E quando irrompe nella sua tana, una ragazza improbabile, che forse la vuole salvare o forse la vorrebbe distruggere, il mondo si rovescia e la voglia di un’amicizia si fa più forte della paura.

L’ultima di Carnali (L’ultimo giorno di Carnevale) è un atto unico bellissimo – di scena nei giorni scorsi, per la rassegna Scena Nostra allo Spazio Franco dei Cantieri della Zisa di Palermo, prodotto dalla compagnia vittoriese Santa Briganti -, Macauda fa un ulteriore passo in avanti con Santa Briganti, ma il colpo da maestro è stato quello di affidarsi a due attrici che aggiungono e non tolgono, mai. Serena Barone è passato e presente, memoria e limbo, una moralità chiusa in un barattolo mentre da fuori il paese commenta e giudica; è pazza, complice, vittima, figlia e madre violate, e disegna una delle sue figure più belle; Oriana Martucci le sta dietro senza affanno, con quel suo fare stralunato che pare venire da Marte e aver solo voglia di un abbraccio. Lo spettacolo è in giro in Sicilia, se potete non perdetelo, ne vale veramente la pena.

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