
Arrestati due uomini che potrebbero essere collegati alla sparatoria di giovedì scorso (4 settembre) che si è consumata tra le vie del mercato di Ballarò. Antonino Madonia, 49 anni, intorno alle 20, era stato raggiunto da cinque colpi di arma da fuoco (solo uno è andato a segno), tra via Naso e via Grasso, che sarebbero stati esplosi da due fratelli, Antonino e Michelangelo Serio di 38 e 35 anni, adesso agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per detenzione illegale di arma da fuoco. Madonia si trova fuori pericolo di vita.
A fermare i due sono stati gli agenti della Squadra mobile, che sarebbero riusciti a risalire alla loro identità attraverso le immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza. I poliziotti si erano messi sulle loro tracce e circa due ore dopo la sparatoria li avevano trovati nella zona di piazza Sant'Erasmo. I Serio avevano addosso due pistole, che ora gli investigatori stanno cercando di collegare con il tentato omicidio. Per gli investigatori prende sempre più corpo la pista passionale.
Il precedente
Un episodio legato a questioni d'onore si era già verificato dalle parti di Ballarò, esattamente un anno fa quando il mandamento di Porta Nuova si trovò a dover gestire una miccia pericolosa, che si accese proprio nel cuore del mercato. Tutto nacque da una lite familiare: Antonino Chiovaro, esponente di spicco della famiglia del centro e genero di Cinzia Milano, accusò Francesco Paolo Viviano di avere fatto avances a sua moglie, Antonella Madonia.
Il 6 settembre i due si affrontarono al negozio di bombole gestito da Viviano e, dopo una discussione, Chiovaro lo colpì con uno schiaffo tirato alle spalle, «a tradimento». Un episodio che rischiava di trasformarsi in una faida, perché vedeva contrapposti i legami dei Milano, famiglia storica di Ballarò, e un uomo di peso della cosca del centro. La tensione fu tale da richiamare l’attenzione di figure di spicco tra cui Francesco (Francolino) Spadaro, figlio di don Masino, il re della Kalsa e del contrabbando, che manifestò dispiacere e irritazione per il clima acceso tra le famiglie. Nicola Milano, infastidito, commentò che Spadaro si fosse interessato a quella che definì «una vicenda di poco conto per un uomo d’onore come lui», legata a screzi familiari.
La situazione, intanto, rischiava di degenerare. Quello stesso pomeriggio, davanti al negozio di via Angelo Musco, arrivarono a turno diversi esponenti del mandamento: Giovanni Castello, Giuseppe Di Maio, Antonino Seranella e lo stesso Spadaro. Tutti parlarono con Viviano e con il suocero Attanasio La Barbera.
Era evidente l’intento di disinnescare la miccia e impedire che una lite privata si trasformasse in un conflitto con ricadute pesanti sugli equilibri mafiosi. Le telecamere di sorveglianza ripresero arrivi e incontri, confermando la presenza di uomini di primo piano. Ma Viviano non accettò facilmente l’umiliazione. Alla sua amante Concetta Angela Guagliardo confessò di volersi vendicare di Chiovaro e di Pietro D’Angelo: «Ti giuro sui miei figli che gli scarico un caricatore di sopra», disse con rabbia. Il giorno dopo, ancora più agitato, ribadì i propositi omicidiari: «Stanotte non ho dormito, stasera Piero e Tonino sono coricati». Solo dopo lunghe insistenze la donna riuscì a calmarlo e a fargli mettere da parte l’idea.
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