
Da giorni lo Zen ribolle. Il regolamento di conti tra le famiglie per il controllo di stupefacenti e scommesse clandestine e il recente caso di cronaca, che ha raccontato la tragica carneficina di Monreale, hanno acceso i riflettori sul quartiere, che ora chiede allo Stato una risposta. «Che non si deve tradurre solo in posti di blocco e controlli - spiega Fabrizio Arena, di Laboratorio Zen insieme -, qui la parte sana del quartiere, che poi sono la maggior parte degli abitanti, cerca di affrancarsi da quella minoranza rumorosa».
Chi vive i casermoni si è detto attonito e sgomento per ciò che è successo a Monreale. In tanti, adesso, spiegano che hanno «paura a uscire di casa», come raccontano molti, perché «siamo impauriti da tutte queste pistole e armi che circolano. Molti di noi hanno anche paura di andare a messa la domenica. Chiediamo attenzione».
La richiesta è chiara: «Qui la gente chiede che le forze dell’ordine vengano a cercar e trovare le armi, vuole stare tranquilla e sicura - prosegue Arena - sono in tanti arrabbiati». I riflettori puntati sul quartiere, però, possono rappresentare un’occasione: «Sfidiamo la politica - spiega Arena - qui allo Zen ci sono 40 anni di diritti negati. Qui la gente si trova a convivere con tante complessità e non ha mai giocato sulla dualità».
In molti chiedono e sperano che si possa creare un tavolo con il prefetto e il sindaco, per aiutare i cittadini onesti a emergere. Ma la riflessione si fa anche più ampia: «La città è messa male - sottolinea Arena - e questo lo si sta capendo tardi. I fatti di Monreale, le sparatorie in via La Lumia e in discoteca fanno capire il clima».
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