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La strage di Altavilla, Barreca e la figlia «fanatici e manipolati dai due santoni»

La perizia psichiatrica su uno degli autori del massacro racconta la follia di quei giorni di febbraio: Carandente e Fina avrebbero imposto riti di purificazione all'imbianchino e alla ragazza

Giovanni Barreca e la moglie Antonella Salamone

Giovanni Barreca manipolato e imbambolato tanto da credere di essere stato addirittura drogato. Succube anche la figlia, unica sopravvissuta, plagiata dai due «fratelli di Dio», Massimo Carandente e Sabrina Fina, che l’avrebbero abbracciata e tenuta vicino a loro mentre seviziavano e uccidevano la mamma, Antonella Salamone, e i fratelli Kevin e Emanuel di 16 e 5 anni. La perizia di 200 pagine, stilata dai professionisti nominati dal Gip di Termini Imerese che ha riconosciuto l’ex muratore incapace di intendere e di volere, conterrebbe altri dettagli choc sul massacro di Altavilla Milicia alleggerendo la posizione del padre e della ragazza ormai diciottenne. Dal contenuto della relazione emergerebbe che la coppia avrebbe approfittato del fanatismo religioso, che scandiva il ritmo di ogni azione quotidiana della famiglia impartendo ordini e dirigendo il rito che doveva servire per liberare tutti dalle presenze demoniache. Per Barreca, quindi, la sacerdotessa del male sarebbe stata Sabrina. Ad Antonella avrebbe fatto bere il detersivo, poi l’avrebbe picchiata fino a ucciderla, quindi avrebbe convinto gli altri a bruciare il corpo perché il funerale giusto, per chi era stato dominato dal diavolo, doveva passare dal fuoco. Ad occuparsi di Emanuel, quando aveva cominciato a piangere, sarebbe stato Massimo: per tre giorni il piccolo era stato torturato, anche con un phon che gli era stato cacciato in gola per liberarlo dal diavolo. Le ustioni, provocata dall’aria bollente, sarebbero state riscontrate durante l’autopsia. E quando, alla fine di atroci sofferenze, era spirato, sarebbe stata ancora Sabrina a ordinare di coprirlo con un lenzuolo bianco perché, da lì a poco, sarebbe risorto. E sempre Massimo, istigato dalla compagna che l’avrebbe aiutato a immobilizzarlo, avrebbe poi bloccato Kevin che aveva lottato come un leone per sottrarsi alla furia. Un tentativo che, però, non era riuscito: l’adolescente era stato incaprettato con una catena e infine aveva smesso di respirare.

Barreca adesso dovrà lasciare il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto per essere trasferito in una Rems, la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Una struttura in cui sarà tenuto in custodia perché «socialmente pericoloso» anche se contemporaneamente seguirà il percorso di cura rivolto alle persone affette da disturbi mentali che hanno compiuto reati gravissimi. I medici, che sottoporranno Barreca a una terapia psichiatrica e farmacologica, dovranno stilare una relazione ogni sei mesi sulle sue condizioni ma ci vorranno anni - nel caso di una valutazione positiva - prima che possa essere presa una decisione su un suo reinserimento nella vita normale. Adesso il giudice Erina Cirincione dovrà ufficializzare il provvedimento nell’udienza che si terrà il 13 novembre, poi l’ex muratore uscirà di scena dal processo in quanto «non imputabile» proprio a causa dei suoi disturbi mentali.

I professionisti, incaricati dagli inquirenti di redigere la perizia, hanno tracciato i tratti principali della sua personalità spiegando come potrebbe essersi sviluppata la malattia. La progressione sarebbe stata graduale e subdola. All’inizio la percezione distorta della realtà, poi la situazione si sarebbe aggravata fino ad attribuire agli eventi esterni un significato particolare interpretandoli come diretti a se stesso. Come nel caso dell’auto che improvvisamente si ferma: per Barreca è un segno evidente del maligno tanto da pregare e imporre le mani sul cofano per farla ripartire. Quindi i deliri mistici sarebbero diventati certezze assolute influenzando il suo comportamento. Proprio il venire meno di queste sue convinzioni potrebbe avere acuito il suo disagio che avrebbe trovato una sponda detonante con l’ingresso di Fina e Carandente nelle dinamiche familiari. Da qui potrebbe essere scoccata la scintilla che ha dato il via al triplice omicidio commesso nella notte tra l’8 e il 9 febbraio. «Si è reso conto dopo la permanenza in carcere - ha detto Giancarlo Barracato, l’avvocato che difende l’ex muratore - che la vita in famiglia è cambiata quando sono entrati in scena questi due soggetti, infatti solo in un secondo è riuscito a realizzare quello che era successo nella villetta».

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