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Errore di persona, imprenditore di Misilmeri assolto dopo 24 anni e ora gli ridanno anche i beni confiscati

Ad Antonino Giordano di Misilmeri, dopo la revisione del processo, restituito pure il patrimonio

Dopo la revisione del processo e l’assoluzione dall’accusa di mafia, un imprenditore edile adesso è riuscito a ottenere dai giudici la revoca della confisca definitiva dei beni. Un risultato straordinario per Antonino Giordano di 65 anni, originario di Misilmeri, assistito dall’avvocato Baldassare Lauria (nella foto). Per il costruttore si tratta di un traguardo più che importante dopo 24 anni di battaglie, visto che nell’ottobre del 2000 era stato arrestato per associazione mafiosa, per essere poi condannato a cinque anni di reclusione. Nel 2011 i giudici della sezione misure di prevenzione avevano disposto il sequestro di aziende, immobili e depositi del valore di decine di milioni di euro. Un provvedimento poi divenuto definitivo.

Adesso la sezione competente della Corte d’appello, presieduta da Gabriella Di Marco, ha stabilito che i beni possono essere restituiti all’imprenditore, ritenendo il venir meno dei requisiti legali avevano giustificato la confisca. «Si tratta di una decisione che supera la consolidata giurisprudenza conservativa dello stesso tribunale palermitano - spiega il legale di Giordano -. In materia di prevenzione l’appartenenza mafiosa (che giustifica la confisca) è sempre stata ritenuta una nozione diversa dalla partecipazione all’associazione mafiosa (che diversamente integra il reato di cui all’articolo 416 bis), cosicché l’eventuale assoluzione non ha mai determinato alcuna interferenza sul giudicato di prevenzione. Attiveremo adesso le azioni risarcitorie per il recupero del patrimonio perduto e dell’ingente danno patito dal Giordano».

Antonino Giordano, impegnato con il suo lavoro in diversi appalti e commesse pubbliche, si era sempre protestato innocente e aveva lottato per dimostrare che l’intercettazione con il presunto mafioso Angelo Bonanno che lo aveva messo nei guai non lo riguardava, che l’interlocutore indicato dagli inquirenti non era lui. Peraltro, l’altra persona aveva confessato di essere stato lui l’interlocutore del presunto capomafia. Una perizia fonica, inoltre, ha escluso che la voce che si confrontava con il boss potesse essere riconducibile a quella di Antonino Giordano. La sentenza di revisione del processo è stata emessa dai giudici di Caltanissetta a marzo dello scorso anno dopo un complesso iter giudiziario. Alla luce del verdetto che lo ha scagionato, ha presentato istanza alla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, che gli ha dato ragione. «A seguito dell’assoluzione in revisione - aggiunge l’avvocato Lauria -, sono venute meno le ragioni che avevano giustificato il giudizio di pericolosità sociale, evidenziandosi che gli accertati rapporti personali non andavano al di là della mera contiguità, del tutto irrilevante».

La valenza del provvedimento spinge l’avvocato Lauria a fare un ragionamento più ampio sul fronte delle indagini patrimoniali e cita il caso degli imprenditori Cavallotti di Belmonte Mezzagno, specializzati nella realizzazione di condutture per il gas, che hanno subito una grossa confisca. «La Corte di appello ha recentemente respinto analoga istanza di revoca ritenendo irrilevante l’intervenuta assoluzione. Il caso Cavallotti è, adesso, all’esame della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo cui abbiamo fatto ricorso nel 2016. Proprio nei mesi scorsi la prima sezione della Cedu ha messo sotto accusa il Governo italiano cui si contesta la violazione del principio di legalità».

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