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La strage di Altavilla: così la minorenne prova a evitare il carcere, il caso rischia di finire alla Corte Costituzionale

Il legale chiede la messa in prova, ma il decreto Caivano per il reato di omicidio lo impedisce. La difesa ha sollevato la questione di legittimità. Già due tribunali hanno girato alla Consulta ricorsi dello stesso tenore

La figlia di Giovanni Barreca, accusata - assieme al padre e ai due «fratelli di Dio» Sabrina Fina e Massimo Carandente - di avere ucciso la mamma, Antonella Salamone, e i due fratelli, Kevin ed Emanuel di 16 e 5 anni, nella strage di Altavilla Milicia, potrebbe non avere accesso alla messa alla prova, una misura che le permetterebbe di affrontare il percorso rieducativo fuori dal carcere. La possibilità di applicare questa misura è stata messa in dubbio dal recente decreto Caivano, che ha introdotto il divieto di messa alla prova per i minori imputati di reati gravissimi come la violenza sessuale e, appunto, l’omicidio.

Per questo motivo, durante l’udienza preliminare, l’avvocato Carmelo Salamone - che assiste la diciassettenne - ha presentato una questione di legittimità costituzionale al giudice per le indagini preliminari del Tribunale dei minorenni, Nicola Aiello, sostenendo che la norma violerebbe i diritti dei minori, negando loro la possibilità di una riabilitazione adeguata. Il procuratore per i minorenni, Claudia Caramanna, e il pm Gaetano Guardì hanno chiesto invece di ritenere la questione irrilevante e manifestamente infondata, condizioni necessarie per evitare di inoltrare il ricorso alla Corte Costituzionale.

Il giudice si è quindi riservato di pronunciarsi, rinviando la decisione al 26 settembre alle 14,30. Se il dubbio venisse accolto, il caso potrebbe essere rimesso alla Corte Costituzionale per una valutazione complessiva (quindi sulla legittimità di un provvedimento voluto dal governo Meloni), mentre il processo sul massacro nella villetta degli orrori verrebbe sospeso in attesa del pronunciamento definitivo. In realtà, a marzo i tribunali dei minori di Trento e Bari avevano sollevato la questione di legittimità con due ordinanze fotocopia inviate alla Consulta, nelle quali veniva sottolineato che la norma «introdotta dopo i gravi fatti di Caivano, fondamentalmente mossa da comprensibili esigenze di sicurezza e ordine pubblico, impedisce il necessario bilanciamento tra le predette esigenze e quelle di protezione dell’infanzia e della gioventù, privilegiando automaticamente le prime». La Corte Costituzionale non si è ancora pronunciata.

Interrogata due volte nei mesi scorsi, con estrema lucidità, la figlia di Barreca aveva spiegato ai magistrati che il sacrificio dei suoi cari sarebbe stato inevitabile per scacciare le presenze degli spiriti maligni e aveva anche confermato di avere partecipato alla carneficina. In un primo momento aveva detto di essere stata spettatrice, poi aveva corretto il tiro, ammettendo di avere partecipato alle violenze e che era stata istigata da Massimo e Sabrina, confessando infine di avere contribuito a seppellire in giardino i resti carbonizzati della mamma e di avere infierito sul fratello più grande, saltandogli sulla pancia per poi legarlo con una catena arrugginita e dei cavi elettrici.

Sarebbe stata la coppia a indurla a torturare anche il piccolo Emanuel e lei aveva eseguito per timore di finire nel mirino: non appena il fratellino aveva cominciato a piangere, l’avevano bloccato a letto con le catene e seviziato per tre giorni, fino a quando aveva perso la vita per gli stenti. Poi sarebbe stato coperto con un lenzuolo bianco. Secondo la minorenne, i registi delle esecuzioni sarebbero stati i due coniugi: «Sono entrata nel panico - aveva riferito la minorenne nell’interrogatorio davanti al procuratore Caramanna - perché Sabrina iniziò a dirmi le medesime cose che avevano già detto a mia madre. Mi diceva di tenere lo sguardo basso. Pur avendo detto a mio padre che quella situazione non mi piaceva, lui mi rispondeva dicendo che dovevamo pensare a Emanuel che comunque era morto: ricordo che era disperato per quello che era successo e piangeva anche se non mi ascoltava lo stesso».

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