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«Non siete soli»: il Gonzaga di Palermo si stringe alla famiglia del bambino morto in piscina

Giovanni Notari, membro del Consiglio di amministrazione, ha partecipato ai funerali: «Ho rappresentato la scuola. Per la nostra comunità si tratta di un evento dolorosissimo che ci ha gettati nello sconforto»

«Una tragedia devastante, alla quale è difficile riuscire a dare una spiegazione». Sono le parole di padre Giovanni Notari (nella foto), membro del Consiglio di amministrazione dell’istituto Gonzaga Campus di Palermo, la scuola frequentata dal piccolo Enrico. Notari ieri mattina ha partecipato al dolore della famiglia Fertitta: «Ho rappresentato la scuola - ha spiegato -. Per la nostra comunità del Gonzaga Campus si tratta di un evento dolorosissimo, inaspettato, che ha certamente gettato tutti noi nello sconforto. Adesso dobbiamo stare vicini alla famiglia».

Era stata proprio la scuola del piccolo ad annunciare pubblicamente la data e l’orario dei funerali con un post sui canali social ufficiali dell’istituto. E ieri Notari, da molti conosciuto anche per la direzione dell’istituto di formazione politica Pedro Arrupe, ha voluto esprimere poche e semplici parole di conforto per Giuseppe Fertitta e la moglie Chiara. «Enrico era un bambino vivacissimo - ha raccontato il teologo e sociologo gesuita - sempre pronto a giocare e imparare ma anche fragile. E questo è sempre stato motivo di grande attenzione, da parte di tutti noi, insegnanti, educatori e compagni di classe». E ha poi concluso: «Addio Enrico, ci rivedremo in Paradiso».

La scuola si è stretta anch’essa nel lutto, ma tenendo ben aperte le sue porte alla famiglia Fertitta, come ha spiegato alla fine della funzione lo stesso Notari: «Abbiamo parlato con i genitori - ha spiegato - abbiamo espresso la nostra piena disponibilità e la nostra vicinanza in questo momento così delicato per loro. Certamente è molto difficile accettare un episodio di questo genere: questo è il momento di stringersi tutti quanti intorno a questa famiglia, che ha bisogno di amore e di sapere che non è sola. Va rispettata. Noi, ripeto, teniamo aperte le nostre porte: se Giuseppe e Chiara avranno bisogno di essere ascoltati, noi saremo qui pronti ad accoglierli, anche se la parola più eloquente in questi casi è il silenzio. Enrico era per noi un bambino speciale, vivace, amato da tutti. E come tutti aveva le sue fragilità che, come ho già spiegato in precedenza, per noi erano un motivo di attenzione in più».

 

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