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Roberta uccisa e bruciata a Caccamo, la Cassazione conferma l'ergastolo per Morreale: delitto disumano

Ricorso inammissibile per i giudici della Corte suprema. Il giovane sconterà il carcere a a vita: è accusato di avere assassinato la fidanzata diciassettenne nella notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021. Il sindaco Fiore: «Giustizia è fatta, resta il profondo dolore per le due famiglie»

Roberta Siragusa, trovata morta in un burrone, nella zona di Monte San Calogero a Caccamo, in provincia di Palermo, dove viveva, nella foto del suo profilo Facebook, 24 gennaio 2021. +++ ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +++ ++ HO - NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

Ricorso inammissibile. La corte di cassazione ha confermato per Pietro Morreale, la pena dell’ergastolo. Il giovane di Caccamo è accusato di avere ucciso la fidanzata Roberta Siragusa la notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021.
L’imputato era accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.
La famiglia della vittima e il Comune di Caccamo sono parte civile con l’assistenza degli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio. Morreale è difeso dall’avvocato Gaetano Giunta. Roberta, che aveva 17 anni, è morta a Caccamo, bruciata viva nei pressi dello stadio.

Il femminicidio della diciassettenne di Caccamo risale al 2021 e il giovanissimo assassino, all’epoca diciannovenne, non aveva mai ammesso le proprie responsabilità, sostenendo che la ragazza si fosse suicidata. Contro di lui si erano costituiti parte civile i genitori e il fratello della vittima. Morreale e Roberta erano fidanzati, ma lui era geloso e sospettava un tradimento: lei avrebbe voluto lasciarlo, ma temeva la sua reazione. Reazione che poi ci fu, inaspettata, quella tragica notte tra sabato e domenica,  23 e 24 gennaio.

Non ha mai manifestato segni di ravvedimento l’imputato, oggi ventiduenne, e non merita alcuna attenuante, nemmeno quelle legate alla giovanissima età e all’incensuratezza: è uno dei passaggi evidenziati dai giudici di merito che, questi tre anni e mezzo, hanno valutato la posizione di Pietro Morreale, oggi condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della fidanzata 17enne Roberta Siragusa, a Caccamo, dopo che la prima sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’avvocato Gaetano Giunta.

Il delitto Siragusa maturò nella tarda serata-notte tra il 20 e il 21 gennaio 2021. Roberta non fece rientro a casa e i genitori e il fratello chiesero per prima cosa a Pietro Morreale, allora 19enne, che era uscito con lei quella sera. I due, dopo essere stati con amici, si erano allontanati ed erano rimasti soli. Morreale, che si presentò dai carabinieri con un avvocato, disse inizialmente di non sapere dove fosse la giovanissima fidanzatina, per poi virare progressivamente, di fronte all’evidenza dei fatti, sulla incredibile versione del suicidio, resa dopo avere fatto ritrovare il cadavere. Alle pendici del Monte San Calogero, a Caccamo la ragazza si sarebbe tolta la vita dandosi fuoco e gettandosi in un dirupo. L’esame autoptico smentì questa versione: lei, colpita con una pietra vicino al campo sportivo, venne portata semincosciente e bruciata nei pressi di un dirupo dove poi fu ritrovata. Secondo la ricostruzione del medico legale, Roberta era viva quando venne bruciata.

Nelle motivazioni delle due sentenze, di corte d’assise e d’assise d’appello, emesse entrambe a Palermo, è stato scritto che il giovane «ha freddamente preparato tutta la dinamica dell’omicidio, agendo con crudeltà».

«Dopo avere sfigurato il volto di Roberta con violenza e con più azioni ripetute - aveva scritto il collegio di primo grado, presieduto da Vincenzo Terranova - le ha lanciato addosso la benzina e le ha dato fuoco, scegliendo un mezzo che non avrebbe potuto lasciare alla vittima margini di difesa e che peraltro le ha provocato profonda angoscia e intensissimo dolore, che si sono protratti in una fase tra i due e i cinque minuti. L’imputato ha mostrato assoluta mancanza di qualsivoglia umanità».

Il film dell'orrore

Per i giudici dovevano essere escluse «le ipotesi di suicidio o accidente prospettate dalla difesa. E’ stata pienamente provata la forte gelosia e possessività dell’imputato nei confronti di Roberta Siragusa».
Dopo essere stata colpita più volte, la giovane venne distesa sul terreno nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Poi sul suo corpo venne versata benzina e l’assassino appiccò le fiamme. Roberta, dopo i colpi ricevuti, avrebbe finto di essere morta per tentare di salvarsi, restando immobile a terra. Ma poi Morreale le versò addosso la benzina «senza che la ragazza avesse alcuna possibilità di fuggire».
Quando è partito il rogo, «la ragazza si è portata istintivamente le mani al volto e sotto la spinta del dolore provocato dalle fiamme, è riuscita nell’arco di circa due secondi ad alzarsi iniziando istintivamente a correre in preda ad una fortissima angoscia».

Il video choc mostrato in aula

Una scena ripresa dalle telecamere di un locale vicino, poco dopo le 2 di notte: il video che faceva vedere la palla di fuoco in movimento venne mostrato in aula.
Morreale non battè ciglio, mostrando quella profonda insensibilità che è stata alla base di ulteriori giudizi negativi nei suoi confronti. Poi il corpo fu caricato in auto e gettato in un dirupo in campagna. Alla fine, Morreale sarebbe tornato a casa come se nulla fosse. I giudici avevano anche riconosciuto risarcimenti alle parti civili, tra le quali la famiglia della vittima, assistita dagli avvocati Giovanni Castronovo, Simona Maria La Verde, Sergio Burgio e Giuseppe Canzone, il Comune di Caccamo, difeso dall’avvocato Maria Beatrice Scimeca, e alcune associazioni contro la violenza di genere.

Il sindaco di Caccamo: giustizia è fatta

«La giustizia ha fatto il suo corso. Sotto il profilo prettamente giudiziario, con l’odierna sentenza della Suprema Corte, si conclude definitivamente il drammatico caso di femminicidio di Roberta Siragusa, che ha visto come unico responsabile il suo fidanzato, Pietro Morreale. Resta il profondo dolore per le due famiglie».
Lo ha detto il sindaco di Caccamo Franco Fiore che si è costituito parte civile con l’avvocato Maria Beatrice Scimeca.

«La famiglia di Roberta alla quale rimarrà per sempre una ferita inguaribile e a cui nessuno mai potrà restituire l’amata figlia. E la famiglia di Pietro la cui vita resterà per sempre segnata e sconvolta dal gesto efferato compiuto dal giovane. - ha aggiunto - Come istituzioni continueremo a lavorare affinché casi del genere non si ripetano mai più. Promuoveremo le relazioni sociali serene e pacifiche fra i cittadini, per prevenire ogni forma di violenza di genere e sui minori».

«Esprimiamo comprensione per il dolore immenso che ha colpito le famiglie - ha detto il legale - e l’auspicio che Pietro possa prendere consapevolezza della suo tragico gesto e intraprendere un percorso di sincera conversione».

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