
L’ultima conferma sulla strage di Altavilla Milicia arriverà dal test del Dna che, mercoledì, sarà eseguito dai carabinieri del Ris di Messina su quelli che dovrebbero essere i resti carbonizzati di Antonella Salamone. Gli esperti, che nei giorni scorsi hanno prelevato alcuni campioni biologici dai familiari più stretti per rendere possibile la comparazione, dovranno accertare che effettivamente i pochi residui di ossa - ritrovati in una buca della villetta dove si è consumato il massacro - appartengano effettivamente alla moglie di Giovanni Barreca, uccisa brutalmente al culmine di un rito per la liberazione dal demonio.
Inizialmente l’imbianchino, quando si era consegnato ai carabinieri in preda alla confusione, aveva confessato che il corpo era stato fatto a pezzi e sparso nel terreno circostante, poi aveva cambiato versione sostenendo che il cadavere era stato bruciato. Una tesi convalidata dalla figlia minorenne, unica sopravvissuta, che aveva raccontato che ad aiutare il padre nell’operazione erano stati il fratello Kevin e i due «fratelli di Dio», Sabrina Fina e Massimo Carandente. L’esame richiesto dai magistrati servirà per chiarire definitivamente anche questo punto mentre la sequenza di quanto è accaduto è già stata ricostruita attraverso le evidenze scientifiche incrociate con la confessione della diciassettenne nella relazione del medico legale che ha fatto l’autopsia sulle vittime.
La prima a morire sarebbe stata la mamma, poi il piccolo Emmanuel di 5 anni e a seguire Kevin di 16, tra il 10 e l’11 febbraio, poche ore prima dell’ingresso degli investigatori nella casa degli orrori. Antonella era stata colpita ripetutamente a calci e torturata perfino con una padella, poi era stata lasciata senz’acqua né cibo fino a perdere la vita. Emanuel era stato bloccato a letto con le catene nel momento in cui aveva cominciato a piangere: al piccolo era stato fatto bere caffè con la siringa e il biberon e alla fine era morto di stenti. Infine era toccato a Kevin che, prima di essere legato e seviziato, aveva lottato cercando inutilmente di ribellarsi.
Secondo Barreca e la figlia i registi delle esecuzioni sarebbero stati Sabrina e Massimo: «Sono entrata nel panico - aveva riferito la minorenne nell’interrogatorio - perché Sabrina iniziò a dirmi le medesime cose che avevano già detto a mia madre. Mi diceva di tenere lo sguardo basso. Pur avendo detto a mio padre che quella situazione non mi piaceva, lui mi rispondeva dicendo che dovevamo pensare a Emanuel che comunque era morto: ricordo che era disperato per quello che era successo e piangeva anche se non mi ascoltava lo stesso».
Un servizio completo di Fabio Geraci sull'edizione di Palermo del Giornale di Sicilia in edicola oggi
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