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Delitto Celesia a Palermo, la richiesta del pm per il fratello accusato di avere portato la pistola: «Sei anni di carcere»

Si è aperto il processo con il rito abbreviato nei confronti di G. O., uno dei due arrestati. La difesa: «Venga assolto»

Sei anni di carcere e 6 mila euro di multa è la richiesta del pubblico ministero Vittorio Coppola nei confronti di G.O., 23 anni, il più grande dei due fratelli arrestati per l’omicidio di Lino Celesia, l’ex calciatore assassinato nel bagno della discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi, a Palermo. Il processo con il rito abbreviato si è aperto ieri davanti al giudice Elisabetta Stampacchia: il ragazzo - assistito dall’avvocato Vanila Amoroso come l’altro indagato - deve rispondere di porto e detenzione della pistola che, il 21 dicembre, avrebbe ucciso il ventiduenne del Cep.

Per la difesa, invece, il giovane deve essere assolto perché il fatto non sussiste: la prossima udienza è stata fissata per il 2 luglio quando è prevista la replica dell’accusa e poi le conclusioni.

A confessare di aver esploso i colpi mortali è stato M., 17 anni: avrebbe ammesso di essere stato lui a premere il grilletto e di avere lanciato l’arma in mare scagionando così il fratello che invece aveva sempre sostenuto di essere caduto a terra stordito nelle fasi precedenti al delitto al termine di una colluttazione con l’ex calciatore, di aver comprato la pistola a salve da una persona tramite Telegram. Secondo la versione di G. la scacciacani, di cui però non c’è traccia, sarebbe stata invece gettata in un cestino dei rifiuti nei pressi del locale dove è avvenuta la sparatoria.

La prova della responsabilità del diciassettenne sarebbe contenuta in un audio, estrapolato da un video, in cui si sentirebbe nitidamente quanto è accaduto quella tragica notte. «No, no, che fai?» e i due colpi di pistola, immediatamente successivi e perfettamente udibili, sarebbero la prova che è stato M. a fare fuoco contro il rivale. Perché chi chiedeva «che fai?» aveva pure pronunciato il nome del giovane, che non facciamo perché appunto minorenne. Nessun tentativo di copertura dell’altro fratello, dunque, ma la morte di Celesia sarebbe l’epilogo fatale di una violentissima rissa tra opposte fazioni che si sarebbero sfidate più volte, e in diversi locali, nelle settimane precedenti.

Così come ha dichiarato agli inquirenti, il minore, infatti, avrebbe agito per paura: la concatenazione di eventi che hanno portato alla morte di Celesia sarebbe partita dieci giorni prima quando, in alcuni tafferugli alla Vucciria, quest’ultimo avrebbe colpito G. con una bottiglia e M. si sarebbe talmente intimorito da munirsi di un’arma, presa a Ballarò con l’intercessione di uno zingaro. Ricostruzione per nulla creduta da chi indaga e che dovrà essere chiarita.

A fine mese erano stati disposti alcuni accertamenti irripetibili su un pacchetto di sigarette e su un tirapugni, sequestrati al più piccolo dei due fratelli sulla scena del crimine, che sono stati eseguiti nel laboratorio di genetica forense della polizia scientifica. L’avviso di conclusione delle indagini è già stato notificato all’avvocato Amoroso, tra breve anche per M. dovrebbe essere fissata la data del dibattimento, anche questa con il rito abbreviato.

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