La gara con cui l’Amap ha provveduto all’aggiudicazione dei lavori di pronto intervento e di manutenzione ordinaria sulle reti fognarie dei comuni della provincia di Palermo sarebbe al centro delle indagini dei magistrati della Procura di Termini Imerese che stanno ricostruendo i vari passaggi che hanno determinato l’incidente sul lavoro di Casteldaccia dello scorso 6 maggio in cui hanno perso la vita cinque operai.
L’interesse è rivolto alla catena dell’appalto, in particolare ai lotti numero 3 e 4: il primo, relativo all’impianto di sollevamento delle acque fognarie dove si è verificata la tragedia, era stato aggiudicato alla Tek Infrastrutture per un milione di euro con un ribasso del 19.33 per cento e poi concesso da quest’ultima in subappalto alla Quadrifoglio Group. L’altro, invece, lo aveva ottenuto la Quadrifoglio, anche in questo caso per un importo di un milione di euro anche se con un ribasso del 6.737 per cento. Secondo l’avvocato Giuseppe Geraci - che assiste Domenico Viola, l’unico sopravvissuto ormai fuori pericolo e recentemente trasferito in una struttura per la riabilitazione - questo passaggio metterebbe in evidenza un’anomalia e per questo motivo ha chiesto ai sostituti procuratori Giacomo Barbara e Elvira Cuti di acquisire l’intera documentazione «dei contratti di subappalto tra la Tek e la Quadrifoglio unitamente alle autorizzazioni disposte da Amap».
Nella lettera di invito al bando della municipalizzata, infatti, è espressamente specificato che le imprese possono concorrere per più lotti, presentando per ciascuno di essi un’offerta separata, ma è possibile vincerne solo uno tra quelli a cui si partecipa: «Cosa che, in questo caso, non sarebbe avvenuta - ha spiegato il legale - perché la Quadrifoglio risulta aggiudicataria di un lotto e titolare di subappalto in un altro. A questo punto vorremmo capire che se questo meccanismo è presente pure negli altri lotti».
Gli indagati, al momento, sono tre: Gaetano Rotolo, il direttore dei lavori dell’Amap, che è la società committente, Giovanni Anselmo, l’amministratore unico della Tek di San Cipirello, e Nicolò Di Salvo, contitolare della Quadrifoglio che aveva ottenuto la commessa da 100 mila euro in subappalto.
L’altro filone dell’inchiesta riguarda la verifica sul rispetto delle misure di sicurezza: ci vorranno ancora un paio di mesi affinché i professionisti torinesi, Ivo Pavan, docente universitario di Chimica industriale, e l’ingegnere chimico Maurizio Onofrio, che hanno eseguito le analisi sul luogo della strage, possano fornire ai magistrati le risposte per accertare eventuali responsabilità. Dovranno passare al setaccio le carte per capire se Amap, Tek e Quadrifoglio «fossero in possesso di tutta la documentazione necessaria per lo svolgimento di lavori di quel tipo svolti all’interno dell’impianto», se le due ditte (Tek e Quadrifoglio, ndr) avessero «requisiti e mezzi» per realizzare l’intervento e se la municipalizzata - e a cascata tutte le altre - avessero controllato l’idoneità per eseguire le opere per cui avevano ricevuto l’incarico. A uccidere i cinque addetti alla manutenzione dell’impianto, come confermato dalle autopsie, sarebbe stato il gas sprigionato dai liquami, probabilmente perché è saltata, o è stata tolta, la copertura che sigillava la vasca di contenimento. Le vittime non indossavano le protezioni (elmetti, imbracature e autorespiratori) e non avevano apparecchiature per la rilevazione di miscele tossiche: in queste condizioni, non sarebbero dovuti scendere nei locali sotterranei e quindi si sta appurando se tutte le società dell’appalto avessero predisposto e seguito procedure specifiche e garantito ai loro dipendenti la formazione e l’informazione per il lavoro in un ambiente confinato e per il rischio chimico.
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