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L’accusa dei pm di Palermo: «Auto blu per fini privati», divieto di dimora per Miccichè

Il parlamentare avrebbe usato per scopi personali la vettura che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali. L’ex presidente dell’Ars indagato anche per truffa. 33 gli episodi considerati: dalle teglie di pasta al forno a domicilio al dispenser da sapone

L’ex presidente dell’Ars Gianfranco Micciché, deputato regionale di Forza Italia, è indagato dai pm di Palermo per peculato, truffa e false attestazioni. Al politico è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù. Il parlamentare avrebbe usato per fini personali l’auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali. A Miccichè, inoltre, i magistrati contestano di aver confermato le false missioni di servizio dichiarate da Maurizio Messina, dipendente Ars che gli faceva da autista. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro. Per Maurizio Messina è scattato l'obbligo di dimora a Monreale e Palermo. L'ordinanza, eseguita dalla guardia di finanza di Palermo, prevede anche il blocco preventivo di 24 mila euro ritenuto profitto dei reati. 

Il gip: gestione personalistica dell'auto

Miccichè avrebbe avuto «una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura»: lo scrive il gip che ha disposto l’obbligo di dimora per l’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè indagato per l’uso illegittimo dell’auto blu. Secondo il giudice poi il deputato avrebbe adibito il suo autista, dipendente dell’Ars «di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore».

«Rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell’autovettura) - spiega il giudice -, Miccichè disponeva che l’autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un «bidone di benzina» o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell’iPad».

«Così, nei 33 episodi considerati, non v’è chi non veda - prosegue - come sia stata sviata la funzione istituzionale dell’automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione, consentiva all’autista di ottenere una retribuzione supplementare per l’attività effettuata). Non c’è da stupirsi, allora, che l’autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall’arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l’uso e l’abuso dell’auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: «presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare».

Lo staff intercettato temeva indagini

«Stai tranquilla che sul peculato, proprio, na puonnu (ce la possono, ndr) s... altamente»: così Gianfranco Miccichè, finito sotto indagine per l’uso a fini privati dell’auto blu, tranquillizzava una delle sue collaboratrici preoccupata che, dopo la pubblicazione delle notizie sull’inchiesta sul pusher che riforniva il politico, l’attenzione degli inquirenti fosse concentrata sul suo impiego del veicolo. Gli investigatori avevano infatti ipotizzato che la cocaina fosse portata al deputato con l’auto di servizio. «Ma non ci sono dubbi, ma dai! Ma dai, ma se solo ascoltassero tutte le volte in cui abbiamo fatto attenzione all’utilizzo della macchina, ma veramente spero che abbiano ascoltato le telefonate, te lo giuro, non facevo altro che dirglielo: “mi raccomando, mi raccomando”», diceva lei. E Miccichè rispondeva: «Di più, infatti».

Ma per il gip la conversazione è un tentativo «maldestro di far apparire come corretto l’utilizzo dell’autovettura di servizio che in realtà finisce per corroborare in via ulteriore la distrazione dell’autovettura, attuata in via prolungata». In una conversazione precedente la stessa collaboratrice, parlando con il factotum del politico, diceva: «non è che Maurizio (l’autista del deputato, ndr) può andare là (a Cefalù, ndr) a portare i farmaci, ci dobbiamo scordare questo sistema...».
«Stanno indagando, è venuta la Finanza in Ars e starebbero...stanno facendo, a quanto pare, una verifica sull’utilizzo delle auto blu, cosa che avresti voluto tu alla fine della legislatura», tornava a dire allarmata la donna. Che ci fosse preoccupazione sull’indagine si coglie anche dalle conversazioni intercettate dell’autista di Miccichè, Maurizio Messina, conversazioni da cui «cogliere agevolmente alcuni riferimenti retrospettivi al precedente modus operandi disinvolto di utilizzo della medesima», scrive il gip. «Mi sono rotto i c..., finiù l’America, pi tutti», commentava Messina. «Casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare altro, finiù tutto quello che faceva prima ... magari qualche caz... in più ... taglio i ponti a tutti, mi siddiò (mi sono stancato, ndr)», sbottava.

L'autista coindagato per truffa

Gli investigatori hanno inoltre accertato che per 76 volte Miccichè avrebbe confermato missioni mai effettuate dal suo autista, Maurizio Messina, coindagato con l’accusa di truffa, facendogli ottenere rimborsi che andavano da meno di cento a quasi 400 euro. Condotte che comportano per il politico l’accusa di truffa in concorso.
L’autista, infine, per 209 ore totali avrebbe dichiarato la propria presenza in servizio mentre era a giocare al Bingo o da amiche, intascando i soldi dell’intera giornata lavorativa pur essendosi assentato e avendo dunque coperto un orario inferiore. La somma illecitamente guadagnata si aggira attorno ai 10mila euro. A Messina è stato notificato l’obbligo di dimora a Palermo e Monreale. Il gip ha disposto il sequestro di 2138 euro a carico dell’ex presidente dell’Ars. Si tratta del costo dell’utilizzo improprio dell’auto blu.

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