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Greco, conti in rosso ma apriva imprese: i retroscena del sequestro di beni al nipote del «Papa di Ciaculli»

Aveva 300 mila euro di saldo negativo: eppure riusciva persino ad acquistare appartamenti in contanti

Un momento dell'arresto di Leandro Greco

Le disponibilità economiche ufficiali di Leandro Greco, il nipote del «papa» di Ciaculli, non erano tali da potere sostenere il suo tenore di vita ma, nonostante i conti in rosso, continuava ad aprire attività e ad acquistare appartamenti. Gli investigatori hanno calcolato la differenza tra le entrate, stimate in base alla rilevazioni dell’Istat per le famiglie siciliane, e le uscite accertate negli ultimi 14 anni: complessivamente il saldo negativo sarebbe stato di oltre 300 mila euro che non rispondono all’appello. Da qui il sequestro dal valore di un milione, eseguito dai carabinieri su decisione della sezione per le misure di prevenzione del tribunale, per tutti i beni ritenuti riconducibili a lui e ai suoi parenti più stretti «di provenienza illecita poiché acquistati in condizione di sperequazione finanziaria», hanno scritto i giudici.

L'acquisto con tre assegni

Tra questi l’unità immobiliare di via Civiletti, destinata a laboratorio artigianale, che è stata comprata dalla madre di Greco - Angela Milano - al prezzo di 100 mila euro, pagato tramite tre assegni circolari, uno di 20 mila e due di 40 mila euro. Una spesa che, per le finanze del boss di 43 anni, detto «u criaturi» - ritenuto il capomafia di Ciaculli e arrestato nell’operazione Cupola 2.0 a dicembre del 2018 - avrebbe comportato «un risultato negativo di 121 mila euro, tale da far ritenere che l’investimento sia avvenuto attingendo a risorse illecite».

Sarebbero stati sovradimensionati, rispetto ai guadagni dichiarati dal mafioso, pure gli interventi finanziari la polleria, rosticceria e hamburgheria Milano’s che aveva fatto registrare un passivo di di 120 mila euro e l’azienda all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli «Ditta individuale Greco Emilio Nicolò», la cui partita Iva era stata aperta a novembre dell’anno scorso, anche questa – sostengono i magistrati - «sostenuta mediante l’impiego di capitali illeciti».

Tra gli affari moda e frutta

Ma, anche se le istanze di sequestro sono state rigettate per mancanza di prove oggettive, nel novero degli affari sospetti figuravano una ditta individuale con sede in via Nicolò Palmieri che si sarebbe dovuta occupare di abbigliamento e le quote di partecipazione di un’altra società in via Sperone specializzata in ortaggi e frutta. Nel primo caso gli inquirenti non erano andati avanti perché i locali erano chiusi da molto tempo e l’azienda non era mai stata avviata «così come viene evidenziato anche in visura camerale dove alla voce attività viene indicata come inattiva, tanto meno viene indicato alcun costo di avviamento». Ma anche nell’altra situazione per la quale si stavano compiendo gli accertamenti, i carabinieri – dopo aver constatato che nel quadro del citofono non risultavano etichette a nome di Greco e del suo socio – si era dovuti fermare perché «l’investimento per la costituzione della Grete ortaggi fruits è stato effettuato in epoca significativamente anteriore a quella delle prime manifestazioni di pericolosità di Greco, collocabili a partire dal 2013».

E per le stesse ragioni non era stata accolta nemmeno la richiesta di sequestro per 5 case popolari e un magazzino, che erano diventati di proprietà della madre nel 2010 quando cioè non esistevano elementi investigativi per retrodatare l’appartenenza del figlio Leandro a Cosa nostra. Quest’ultimo ha sempre vissuto nel mito del nonno: quando venne arrestato gli trovarono un anello d’oro con le iniziali M. G. (Michele Greco) e una bottiglia col faccione di Marlon Brando nel celebre «Padrino». Nel 2020 è stato condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa: avrebbe partecipato a una riunione finalizzata alla ricostituzione della Cupola dopo la morte di Totò Riina.

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