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Palermo, colpo al clan del Villaggio Santa Rosalia: 15 condanne NOMI E FOTO

Erano accusati a vario titolo associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante del metodo mafioso, sei gli assolti

Il gup Claudio Emanuele Bencivinni ha condannato 15 imputati arrestati nel corso dell’operazione «Villaggio di famiglia», condotta lo scorso giugno dalla guardia di finanza che aveva assestato un colpo al clan del Villaggio Santa Rosalia a Palermo. Sei gli assolti.

Sono stati condannati Salvatore Sorrentino, il figlio Vincenzo (rispettivamente a 11 anni e 8 mesi e 8 anni), ma il giudice non ha riconosciuto il loro presunto ruolo di vertice. Condannati anche Andrea Ferrante a 4 anni, Silvestre Maniscalco a 2 anni, Cristian Tomasino a 7 anni e 2 mesi, Rosaria Leale a 6 anni e 8 mesi, Pietro Maggio a 2 anni, Alessandro Miceli a 2 anni, Giovanni Cancemi a 4 anni, Leonardo Marino a 16 anni in continuazione con una precedente condanna, Vincenzo Sparla a 5 anni e 4 mesi, Luigi Abbate a 7 anni, Vincenzo Adelfio a 7 anni, Gaetano Sorrentino a 7 anni e 2 mesi, Andrea Nicolò a 7 anni e 2 mesi. Erano accusati a vario titolo associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante del metodo mafioso, traffico di stupefacenti e intestazione fittizia.

Sono stati assolti Giampiero Giannotta, Morris Morgan Cardinale, Rosario Manno, Francesco e Paolo Maniscalco, e Gianluca Bruno. Sono difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo, Michele Giovinco, Angelo Barone, Antonio Turrisi, Giuseppina Candiotta, Filippo Gallina e Debora Speciale erano accusati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti con l’aggravante mafiosa, concorso esterno, e intestazione fittizia di beni.

Nel processo si sono costituti parte civile il Comune di Palermo, il centro Pio La Torre, Fai, Solidaria, Soso Impresa, Confcommercio Palermo, Confesercenti e Assoimpresa che dovranno essere risarciti dagli imputati, ma la quantificazione del danno dovrà essere avvenire davanti al tribunale civile.

Secondo le indagini, Sorrentino utilizzava le videochiamate consentite durante il periodo Covid per trasmettere gli ordini. E’ anche emerso che nel carcere Pagliarelli gli equilibri mafiosi interni rispecchiavano le gerarchie esterne, con tanto di summit e baci in bocca.

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