Tra un mese ci potrebbe essere già la prima sentenza sullo stupro di gruppo della diciannovenne (oggi ventenne) avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Il 5 marzo, davanti al gup del Tribunale per i minorenni Maria Pino, si terrà l’udienza con il rito abbreviato di Riccardo Parrinello, l’unico del branco che non aveva ancora compiuto la maggiore età nel giorno in cui fu commesso il reato, dato che ha festeggiato il compleanno solo pochi giorni dopo.
Nella stessa udienza si potrebbero svolgere la requisitoria del pubblico ministero, la discussione della parte civile e quella della difesa: il giovane, rappresentato dall’avvocato Pietro Capizzi, potrà usufruire dello sconto di un terzo della pena ma spera anche di usufruire del regime sanzionatorio meno pesante previsto per i minori.
Per la violenza, che in estate aveva scioccato la città, sono accusati anche i maggiorenni Angelo Flores, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao che, in questo momento, sono tutti in carcere: pure loro hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato ma sono in attesa che venga fissata la data del processo davanti al gup ordinario.
Parrinello era stato arrestato ad agosto: all’inizio era stato affidato a una comunità ma successivamente era stato nuovamente rinchiuso al Malaspina per avere pubblicato sui social commenti e video in cui quasi «rivendicava» gli abusi. A suo carico anche una chat in cui ammetteva con un amico che la diciannovenne non era consenziente.
Il contenuto di alcune conversazioni, recuperate sul telefono cellulare sequestrato quando era stato preso, avevano fatto venire a galla contenuti agghiaccianti. «Cumpà l’ammazzammu», si confidava con un amico. «Ti giuro a me matri - continuava l’allora minorenne - l’ammazzammu. Ti giuro a me frati sviniu (è svenuta, ndr), chiossai di na vuota. Ti giuro, ava muoriri, me frati. In sette, ‘u vo capiri! A chista mancu a canuscievo io... Cumpà ficimu un macello, n’addivertemmu. Ti giuro a me patri, troppi cianchi (risate, ndr)». Poi si vantava, aggiungendo una serie di volgarità irripetibili.
La vittima ha sempre ribadito di essere stata aggredita e di aver gridato «basta» chiedendo di smettere ai suoi aguzzini. Per gli avvocati, che rappresentano i sette imputati, una testimonianza raccolta nel corso delle indagini difensive dimostrerebbe, invece, che le cose si sarebbero svolte in modo differente rispetto a quanto denunciato.
Tra gli elementi a sostegno di questa tesi, contenuti un fascicolo consegnato ai magistrati, ci sarebbero il racconto del datore di lavoro dell’allora fidanzato della ragazza e un video – girato quella sera alla Vucciria – che mostrerebbe la ragazza che prima paga da bere ai sette amici e poi li invita a vedere sul suo telefonino alcune scene dove lei fa sesso con altre persone.
Inoltre, le immagini delle telecamere, piazzate lungo il percorso verso il Foro Italico, metterebbero in evidenza che lei si sarebbe messa in testa alla comitiva senza chiedere aiuto ai passanti e non mostrando alcun segno di paura. Per questo motivo i presunti autori della violenza sostengono che fosse d’accordo ad appartarsi con loro: una versione completamente opposta rispetto a quella della diciannovenne che, invece, ha sempre ribadito che il rapporto non è mai stato consensuale.
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