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Affari e ristoranti dietro l’omicidio di Samir a Palermo, il gip: «È lo zio l’ideatore dell’omicidio»

Nell’ordinanza delineato il ruolo dei due indagati. Kamel Elabed, di 61 anni, avrebbe convinto il nipote a sparare contro il cameriere algerino

Lo zio avrebbe ideato l’omicidio, il nipote sarebbe stato l’esecutore materiale del delitto ai danni di Badr Boudjemai, il cameriere algerino di 41 anni, freddato il 4 novembre in via Roma, a Palermo, con tre colpi di pistola. Lo ha messo nero su bianco il gip Elisabetta Stampacchia nell’ordinanza di convalida del fermo di Kamel Elabed di 61 anni, finito in carcere come Aly Elabed Baguera, 32 anni, il tunisino che era già finito in cella ai Pagliarelli con l’accusa di aver sparato a Samir, così come veniva chiamata la vittima da clienti e amici. Quest’ultimo, come il collega tunisino, faceva il «buttadentro» e proprio i dissapori per accaparrarsi i clienti nei due ristoranti adiacenti sarebbero stati il movente del delitto.

In via Emerico Amari, di fronte al porto, la famiglia Elabed era particolarmente temuta, in special modo Kamel: nessuno doveva ostacolare gli affari, altrimenti erano botte e minacce. Un episodio successo qualche mese prima dell’assassinio dell’algerino aveva descritto bene il clima che si respirava tra i commercianti della zona. A gennaio i titolari di un negozio di souvenir accanto al ristorante degli Elabed avevano presentato una denuncia raccontando di essere stati aggrediti. Si erano lamentati perché i loro vicini gli avevano messo un cartellone e degli oggetti davanti all’ingresso impedendo così ai clienti di entrare. Ma la reazione fu durissima: Kamel attaccò brutalmente uno dei proprietari colpendolo brutalmente e lasciandolo a terra.

Per chi indaga questo comportamento dimostrerebbe l’indole violenta dell’uomo, imputato in un processo ancora pendente per maltrattamenti in famiglia, e per questo hanno messo in fila tutti i fascicoli che lo riguardano: «Dal casellario giudiziale - scrive il gip - si evincono numerosi precedenti per reati contro la persona, oltre che contro il patrimonio, caratterizzati dall’uso di atteggiamenti violenti e prevaricatori anche nei confronti dei membri della propria famiglia come nel caso, non unico ma sicuramente il più recente, della sottrazione del nipote di due anni per il quale l’indagato è stato condannato». Ma soprattutto il suo nome legato a una storia inquietante, cioè l'omicidio - avvenuto nel 2007 a Partinico - di un fruttivendolo dello Zen, Salvatore Saffina, strangolato e poi dato alle fiamme per una vicenda a sfondo passionale.

Alla sbarra era finito proprio Kamel Elabed, accusato di averlo ucciso dopo avere scoperto una relazione tra il quarantunenne, sposato e con figli, e la moglie. La Corte d'assise, però, lo aveva assolto con formula dubitativa: l’avvocato Salvino Caputo, suo difensore allora come oggi, aveva avuto ragione a sostenere che il processo fosse indiziario, senza prove, sottolineando anche come l'imputato, in base ai tabulati telefonici, nelle ore precedenti al delitto si trovasse allo Zen, dove abita tuttora, e non a Partinico dove venne rinvenuto il cadavere bruciato di Saffina.

Il giudice ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare perché nel cellulare di Kamel sono state scoperte due foto di una pistola: l’arma non è stata trovata ma, secondo gli investigatori, sarebbe compatibile con quella usata per l’assassinio del cameriere algerino. Inoltre sono state ricostruite le fasi dell’omicidio di Boudjemai: zio e nipote si sarebbero appostati all’interno di Oro Mixology - un locale di fronte al ristorante Al Magnum che era nella loro disponibilità - per controllare il ristorante Appetì dove lavorava il rivale. Quando questi aveva terminato il turno si era diretto verso via Emerico Amari: un minuto dopo, una persona robusta, vestita interamente di scuro con un giubbotto e un cappuccio in testa e i capelli rasati ai lati - Aly Elabed Baguera secondo gli inquirenti - lo avrebbe seguito fino a raggiungerlo davanti alla farmacia delle Poste in via Roma. Qui, dalla tasca destra, avrebbe estratto la pistola per sparare, quindi si sarebbe dato alla fuga per via Valverde mentre Boudjemai era a terra in una pozza di sangue.

Nella foto Kamel Elabed e Aly Elabed Baguera, zio e nipote in carcere accusati di aver ucciso Samir

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