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Delitto Naro, in aula a Palermo i ricordi sbiaditi di una testimone

In una chat con l’allora fidanzato avrebbe scritto che due ragazze le avrebbero riferito che il giovane medico era stato spinto da qualcuno non in maschera. Adesso però non lo conferma

La discoteca Goa di Palermo è chiusa dal giorno dell'omicidio di Aldo Naro

In una chat con l’ex fidanzato avrebbe scritto che due ragazze le avrebbero riferito che l’amico era stato spinto da qualcuno che non sarebbe stato né mascherato né travestito. Ma in aula, chiamata a deporre, questi particolari la teste non li ha ricordati. L’amico che fu spinto e che poi, secondo i contenuti di quelle stesse chat, avrebbe battuto la testa, è il venticinquenne medico di San Cataldo, Aldo Naro, ucciso a botte a Palermo, in un privé della discoteca Goa (nella foto), lungo la circonvallazione dello Zen, la notte di San Valentino di otto anni fa. I messaggi che la ragazza scambiò con l’allora fidanzato, proprio la notte del delitto, sono stati acquisiti agli atti. A riferire quel particolare degli aggressori non mascherati sarebbero state due amiche della teste, studentesse romene, che si trovavano in Sicilia per il programma Erasmus. Ma ora i ricordi della giovane, in aula, sono sbiaditi.

È stato uno dei passaggi dell’ultima udienza del processo che vede alla sbarra, davanti alla corte d’assise, tre buttafuori della discoteca in cui trovò la morte il giovane medico: imputati sono Francesco Troia, Gabriele Citarrella e Pietro Covello (assistiti dagli avvocati Salvino Pantuso, Giuseppe Laudicina, Marcello Consiglio e Antonio Turrisi). Rispondono di omicidio. Nel dibattimento i familiari della vittima (assistiti dagli avvocati Antonino e Salvatore Falzone) si sono costituiti parte civile.

Nella stessa udienza, poi, è la via del silenzio quella che ha scelto il titolare della discoteca teatro dell’uccisione, Massimo Barbaro, già processato e condannato in primo grado a ventidue mesi per favoreggiamento personale, sempre in relazione alla stessa vicenda dal luttuoso epilogo. Adesso ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. In aula ha poi deposto il consulente informatico che ha preso in esame i video registrati dall’impianto di videosorveglianza del locale: l’esperto ha ricordato che era spenta la telecamera che puntava sulla cassa e ha esaminato chat da telefoni cellulari e pure i filmati girati da videomaker. Tutto materiale presente nel faldone processuale. Rinviata l’audizione del medico legale incaricato dalla Procura, Paolo Procaccianti, costretto al forfait.

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