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Palermo, tre condanne e una assoluzione per l'operaio morto in nave: un processo lungo otto anni

«Finalmente ho avuto giustizia», dice il padre di Alessandro Di Trapani, che perse la vita per le ustioni: stava lavorando nella sala macchine della Cossyra. Cinque cambi di giudici per arrivare al verdetto di primo grado: per alcuni reati è scattata la prescrizione

I funerali di Alessandro Di Trapani, nel 2014

Il giudice della seconda sezione del tribunale di Palermo Andrea Innocenti ha condannato in primo grado per omicidio colposo tre dei quattro imputati per la morte di Alessandro Di Trapani, l’elettricista ucciso dal fuoco mentre era al lavoro il 13 maggio 2014 nella sala macchine della nave Cossyra della società Traghetti delle Isole, ormeggiata nel bacino di carenaggio della Adorno, appena fuori dall’area di Fincantieri. A Vincenzo Chiavazzo, il titolare della Elyteam, la ditta per cui Alessandro Di Trapani lavorava, il giudice ha inflitto una pena di 3 anni, mentre sono stati inflitti un anno e sei mesi a Francesco Fontana, legale rappresentante della «Traghetti delle isole spa» e armatore della nave, a Gaspare Cavasino, comandante della Cossyra e responsabile della sicurezza a bordo.

Ci sono voluti nove anni e cinque cambi di giudici per arrivare alla sentenza. Per tutti scatta anche l’interdizione dagli uffici direttivi delle imprese e delle persone giuridiche per l’intera durata delle singole condanne. Chiavazzo, inoltre, per cinque anni è interdetto dai pubblici uffici.

Unico assolto Natale Pizzimenti, il direttore di macchina della motonave, per non aver commesso il fatto. L’accusa in aula era rappresentata dal pubblico ministero Fernando Lo Cascio.
A nove anni dai fatti e dopo otto anni di processo, l’unico reato non prescritto è rimasto l’omicidio colposo. Per tutti gli altri capi d’imputazione (violazioni amministrative e in materia di sicurezza sul lavoro) è intervenuta la prescrizione.

Soddisfatti gli avvocati di parte civile che hanno assistito i familiari: Fabio Lanfranca per i genitori e un fratello della vittima, Enrico Sanseverino per la moglie e la figlia di Alessandro Di Trapani, Serena Romano e Oriana Limuti per gli altri familiari. Secondo quanto ricostruito in otto anni di processo di primo grado, il più lungo ad oggi nel tribunale di Palermo, Alessandro Di Trapani morì per le ustioni perché non indossava dispositivi di sicurezza personale.

Durante il dibattimento è emerso che sarebbe bastata una normale tuta blu in cotone per salvargli la vita. Invece, indossava una tuta in acrilico.
Alla lettura della sentenza accanto all’avvocato Lanfranca c’era in piedi Pippo Di Trapani, il papà di Alessandro, che dal 13 maggio 2014 chiede giustizia. Non è mai mancato a un’udienza. Ha superato il dolore della morte della moglie, che dopo la morte del figlio si ammalò fino a condurre una vita vegetativa. Dopo la lettura della sentenza, il padre ha detto: «Finalmente ho avuto giustizia».

Nella foto le operazioni di spegnimento a bordo della Cossyra in quel tragico mese di maggio del 2014

Qui sotto Alessandro Di Trapani

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