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La violenza di gruppo a Palermo, «l’ha struppiata»: le confessioni involontarie del branco

«Presa a pugni, diceva ahi ahi». Sette arresti per la violenza di gruppo su una ragazza di 19 anni. «Ma compà, ve lo immaginate se spuntiamo nel telegiornale?», commentavano ridendo

I carabinieri alla Vucciria

«Ma compà, ve lo immaginate se spuntiamo nel telegiornale?», commentavano ridendo tra loro - mentre erano nella sala della polizia giudiziaria in attesa di essere interrogati - Christian Maronia, 19 anni; Elio Arnao, 21 anni, e Samuele La Grassa, 20 anni. I loro amici erano già finiti in carcere per lo stupro compiuto al Foro Italico nella notte del 7 luglio ai danni di una diciannovenne, gli altri pensavano di poter finire come loro.

Ora ci sono riusciti tutti. Tutti e sette, più un minorenne. Oltre a «spuntare nel telegiornale», assieme ai loro complici, rischiano una pesante condanna per violenza sessuale di gruppo. I sette indagati sono finiti in manette in due riprese. I primi tre il 3 agosto, per ordine del Gip Clelia Maltese: Angelo Flores, 22 anni (che ha spifferato i nomi di tutti); Gabriele Di Trapani, 19 anni; Cristian Barone, 18 anni. C’è pure un minorenne all’epoca dei fatti, R.P., che ha compiuto 18 anni meno di un mese fa.
Maronia, che la Procura voleva in cella già ai primi del mese, aveva evitato l’arresto perché il giudice non aveva ritenuto sufficienti gli elementi contro di lui. Ieri anche lui è «riuscito» a finire nei tg, come Arnao e La Grassa: li hanno arrestati i carabinieri, su ordine del Gip Andrea Innocenti, che ha accolto la richiesta dei pm. Sono stati i filmati delle telecamere che puntano nella zona a inchiodare il branco.

A incontrare la ragazza al mercato della Vucciria, nella tradizionale zona della movida della città, sarebbe stato Flores, quindi sarebbero arrivati gli altri e, a quel punto, sarebbe scattato il piano, cioè fare ubriacare la vittima per poi approfittare di lei.
Dopo due cocktail, sette cicchetti e qualche spinello avrebbero raggiunto il loro scopo: i sistemi di videosorveglianza hanno immortalato due tra i presunti autori dello stupro che sorreggono la ragazza mentre si incamminano con gli altri cinque verso una zona buia e appartata del Foro Italico, la stessa dove poi è stata aggredita e abusata sessualmente. Durante il tragitto, la giovane avrebbe cercato aiuto senza però riuscire ad attirare l’attenzione dei passanti. Mentre sei dei partecipanti la violentavano a turno e contemporaneamente, Flores avrebbe ripreso tutta la scena con un telefono, probabilmente con l’intenzione di diffondere le immagini. Successivamente avrebbe cancellato il file compromettente per paura che la ragazza potesse denunciarlo.

«Ho gridato basta, basta, ma loro ridevano. Tanto ti piace, mi urlavano», ha riferito ai carabinieri della compagnia di piazza Verdi. Dopo lo stupro, la vittima è stata rivestita e abbandonata in strada. Due donne l’hanno soccorsa e hanno chiamato il fidanzato che l’ha portata in ospedale. I medici del reparto di ginecologia del Policlinico hanno confermato la violenza e chiamato i carabinieri che hanno avviato le indagini.

Alcuni messaggi, che gli autori dello stupro di gruppo si sono scambiati, sono inequivocabili: «Ieri sera se ci penso un po’ mi viene lo schifo. Eravamo 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l’avevo vista solo nei film porno», ha scritto uno di loro nella chat comune. Una delle tante frasi oscene. «Quello che la struppiò (le fece molto male, ndr) è stato Cristian (Barone, ndr)», diceva Samuele La Grassa aggiungendo altri particolari gravissimi: «Vedi che... oltre a questo, i pugni...». Elio Arnao completava il concetto: «Minchia c'era che non ansimava più, faceva ahia ahia...». La Grassa: «I pugni ci davano e pure gli schiaffi... Non respira...». Si giustificavano in modo ripugnante anche davanti alla madre di La Grassa («Era molto profonda e aperta») mentre Maronia tentava di giustificarsi: «Era eccitata, non è vero...», per poi profetizzare «ora ci mettono tutti nella stessa cella». Lo stesso Maronia, nei messaggi ritrovati nei telefonini, avrebbe riconosciuto che «lei non voleva, faceva: no, basta!», affermazione che suona come un’ammissione di colpevolezza.

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