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Rocco Chinnici 40 anni dopo, a Palermo il ricordo dell'architetto della lotta alla mafia

Fondamentale e raffinato architetto della lotta alla mafia, in via Pipitone Federico il ricordo commosso di cittadini e istituzioni

«Dobbiamo seguire il percorso tracciato da Rocco Chinnici, bisogna raggiugnere una cooperazione internazionale per il contrasto alla criminalità organizzata sviluppando il pensiero di Chinnici che parla cooperazione e comunicazione». A parlare è Lia Sava, procuratrice generale della Corte d’appello di Palermo , nel giorno del 40esimo delle commemorazioni per l’uccisione del giudice istruttore Rocco Chinnici.

Una memoria che parte, e non potrebbe altrimenti, da via Pipitone Federico 59, stabile in cui il magistrato abitava e dove il 29 luglio 1983 una Fiat 126 verde esplose togliendo la vita anche ai due agenti di scorta, il maresciallo dei carabinieri Mauro Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e al portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

Memoria e nuove frontiere di azione contro la mafia si mescolano. A deporre la corona di alloro in onore ai caduti il sindaco Roberto Lagalla, il vicepresidente del consiglio e ministro degli esteri Antonio Tajani, il presidente della Regione Renato Schifani, il generale dei carabinieri Rosario Castello, prefetto Maria Teresa Cucinotta e i figli Giovanni e Caterina.

La commozione è negli occhi di tutti, colleghi amici e familiari: fondamentale e raffinato architetto della lotta alla mafia, Chinnici viene ricordato da tutti come un esempio e un faro per le nuove e giovani generazioni, che in lui hanno visto il volto della legalità: «La prima volta che lo conobbi - racconta Giovanni Paparcuri, autista del giudice e unico sopravvissuto alla strage di via Pipitone Federico - stava andando a parlare con i ragazzi della scuola Umberto I: è stato un dialogo tra un padre e i suoi figli». Un tratto che viene evidenziato anceh da Giuseppe Ayala, pubblico ministero del maxi processo: «Sono stato un privilegiato - dice -, aveva chiesto che io e Alfredo Morvillo fossimo assegnati a lui. Ho avuto un grande maestro, con cui il rapporto poi è diventato quasi filiale da parte mia: Rocco aveva questo istinto paterno, quasi protettivo».

Architetto raffinato della lotta alla mafia, la figlia Caterina ne ricorda le intuizioni che ancora oggi fanno scuola: «Quello che si è sviluppato dopo la morte di mio padre nasce da quello che ora chiamiamo metodo Chinnici - sottolinea la figlia - che ora è arrivato anche in Europa». «Lo stato c’è, colpisce e Riina e Provenzano hanno finito i loro giorni in Carcere. Stesso destino riservato anche a Matteo Messina Denaro - sottolinea Maurizio Gasparri, vice presidente del Senato -. Quando si dice che gli eroi dell’antimafia vivono, vivono in questi trionfi della legalità». Dopo il minuto di silenzio, il ministro degli Esteri è intervenuto con un discorso che ha ricordato il grande lavoro svolto dal giudice Chinnici: «Rocco Chinnici cominciò a coinvolgere l'opinione pubblica contro le cosche - ha detto - gli dobbiamo solo rendere omaggio e considerarlo sempre da esempio per i giovani. La malavita si sconfigge con l'esempio, insegnando alle bambine e ai bambini cosa significa stare dalla parte dello Stato». E poi puntualizza: «Il governo vuole continuare a battersi contro la criminalità, con la consapevolezza che non si tocca il 41-bis e non si fa alcuna marcia indietro nella lotta contro il crimine organizzato in Sicilia: gli italiani stanno dalla parte dello Stato, delle forze dell'Ordine e della magistratura».

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