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La mafia di Resuttana: il controllo di Genova e Giannusa sugli affari e i vertici concordati con i pizzini

Le intercettazioni e gli incontri ripresi rivelano i metodi utilizzati dalla cosca. Davanti al gip il capomafia fa scena muta, il commercialista Giuseppe Mesia invece respinge le accuse

Le conversazioni intercettate. Gli incontri videoripresi. E anche i vecchi, tradizionali pizzini. È stata tutta passata ai raggi X l’attività criminale del clan di Resuttana finita sotto osservazione della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, della Squadra mobile e dello Sco della polizia. Un blitz che lunedì ha portato all’emissione di 16 ordini di custodia in carcere, di due ai domiciliari (tra questi il notaio Sergio Tripodo) e al sequestro di due attività economiche. Il ruolo di primo piano dell’operazione Resurrezione resta in capo a Salvatore Salvo Genova, che con il suo fido braccio destro e cassiere, Sergio Giannusa, veniva informato di tutto. Come quella volta in cui il familiare di un indagato chiede il permesso per avviare un’attività economica a San Lorenzo: è il 29 settembre 2020 e il pregiudicato per mafia Vito Nicolosi informa Giannusa dell’iniziativa imprenditoriale di suo cugino, Girolamo Federico, in piazza San Lorenzo. «Deve fare un caseificio... Disturbiamo qualcuno?», chiede Nicolosi. Giannusa lo tranquillizza, ha il permesso, ma aggiunge che deve sottoporre il tutto all’attenzione di «chi di dovere»: «Va bene! A posto! ... Hai parlato con me ed è a posto! Però è giusto che lo devo fare sapere», aggiunge il braccio destro del boss. «Da quest'ultima conversazione», annota il gip Fabio Pilato nella sua misura cautelare, «si trae ulteriore conferma del ruolo sovraordinato e non di semplice affiliato del Giannusa».

Gli interrogatori

Davanti al giudice e ai sostituti Giovanni Antoci e Giorgia Righi - l’inchiesta è coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, dagli aggiunti Paolo Guido e Marzia Sabella - quasi tutti gli arrestati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Genova (difeso da Jimmy D’Azzò) è sicuramente il personaggio di spicco tra i detenuti che al Pagliarelli si sono alternati per l’interrogatorio di garanzia, e ha taciuto. Non hanno risposto anche Sergio e Carlo Giannusa e Mario Muratore (difesi dall’avvocato Giovanni La Bua). Il commercialista Giuseppe Mesia (anche lui assistito da D’Azzò) ha invece respinto le accuse dicendo che tra lui e Genova c’è un semplice rapporto di amicizia e non affari mafiosi. Giuseppe Di Maria (avvocato Giovanni Rizzuti) ha risposto in modo articolato alle contestazioni dell’accusa. Ha taciuto anche l’imprenditore Agostino Affatigato (avvocato Carmelo Franco).

I bigliettini

Genova e Giannusa parlano senza mezzi termini di biglietti usati per scambiarsi messaggi e concordare riunioni dei vertici dei clan, con tanto di nome o riferimenti per capire chi avrebbe partecipato. In un caso, e i due boss concordano, le indicazioni non erano state rispettate e non era stato possibile conoscere prima i dettagli del summit. «Nel pizzino non c'era scritto chi doveva venire. Vero è?». E Giannusa: «No». Genova: «Va bene. Pure quello che ho ricevuto io...». Giannusa: «Non c'era niente». Parlano di una riunione svoltasi due giorni prima con Giampaolo Giordano, uomo di fiducia del reggente del mandamento di Noce-Cruillas, Giancarlo Carmelo Seidita, e Pietro detto Pierone Tumminia, reggente della famiglia di Altarello. Genova riferisce al suo cassiere di fiducia che gli hanno fatto domande su di lui: «“Ma Sergio?” Gli ho detto: “Che vuoi sapere di Sergio?” “No, dice, è amicu nuostru, non è amicu nuostru?”. “Sergio è amicu nuostru!” Cioè, lui mi ha fatto un discursu cu sa...». Giannusa: «Vediamo dove vuole andare a parari!». Genova: «Gli ho detto: “Sergio si muovi e fa zuoccu ricu io”».

Emblematica è pure la vicenda dell'apertura del punto vendita Antica Polleria Savoca dei Fratelli Alerio, a Sferracavallo. Ecco il dialogo tra il capo del mandamento e il suo commercialista. Genova: «Che stavamo dicendo prima? Per quanto riguarda Sferracavallo?». Mesia: «Eh! Entro oggi ci danno il preventivo, prima dobbiamo fare il contratto di affitto, mi hanno chiesto un po’ di soldi, li stiamo raccogliendo...». Genova: «Quanto ti hanno chiesto?». Mesia: «E vogliono cinquemila euro per... incominciare a fare... Una cinquantina di mila euro di lavori, e giusto?». E da Genova, vero regista dell’operazione, arriva la conferma che tutto procede come deve procedere.

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