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Palermo, amministratore giudiziario infedele: la polizia sequestra i soldi al suo erede

Dai conti confiscati a due boss il commercialista Rizzuto aveva effettuato prelievi indebiti per 621 mila euro. I soldi sarebbero stati investiti in un’azienda agricola nella provincia di Agrigento con la realizzazione di una cantina e un oleificio

Un amministratore giudiziario infedele avrebbe sottratto soldi da conti correnti dei boss Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo che il professionista gestiva per conto del tribunale. La polizia di Stato di Palermo ha sequestrato quasi 800 mila euro, su ordine della sezione misure di prevenzione, nei confronti dell’erede di Ruggero Rizzuto, classe ‘52, noto commercialista morto a 66 anni nel giugno del 2018.

Il professionista è deceduto senza avere depositato il rendiconto finale e su di lui era in corso un’inchiesta: dal 2005 e al 2008 aveva effettuato una serie di indebiti prelievi di denaro, per 621 mila euro, dai conti correnti confiscati. Rizzuto era stato iscritto nel registro degli indagati per peculato continuato. Procedimento archiviato dopo la sua morte. Ma gli accertamenti, in base al Codice antimafia, sono proseguiti. La norma prevede, infatti, che il procedimento di prevenzione può essere iniziato anche in caso di morte.

È stato accertato che quei soldi prelevati dai conti sarebbero stati investiti in un’azienda vitivinicola nella provincia di Agrigento con la realizzazione di una cantina e un oleificio in terreni di proprietà dell’amministratore giudiziario. Il professionista avrebbe trasferito le quote societarie a un erede, pur restando di fatto l’amministratore della società fino alla morte.

Lo scorso maggio l’erede ha venduto un ramo di azienda per 928 mila euro. Dagli accertamenti bancari è stato possibile verificare che il prezzo della compravendita è stato accreditato su un conto corrente intestato alla società, sul quale è abilitato ad operare l’erede dell’amministratore. La sezione misure di prevenzione ha disposto il sequestro d’urgenza del saldo per 779 mila euro.

«Il sequestro patrimoniale d’urgenza che ha consentito di recuperare i soldi distolti da un amministratore infedele all’impiego a favore della comunità - dice il questore di Palermo Leopoldo Laricchia - costituisce un brillante risultato delle attività di monitoraggio dei patrimoni mafiosi condotta anche dopo la confisca da parte della procura e della questura». Per Laricchia, «questo e altri episodi purtroppo avvenuti negli anni, confermano come l’attenzione sui patrimoni sequestrati o confiscati non possa fermarsi al provvedimento che ne dispone la confisca da parte del tribunale delle misure di prevenzione, ma debba continuare controllando ed accertando che i beni vengano effettivamente impiegati in modo produttivo a vantaggio della comunità a cui sono stati sottratti dalla criminalità mafiosa. Nel caso specifico i 621.487 euro contenuti nei conti correnti sequestrati a Rosario Gambino e Salvatore Inzerillo nel 2012 erano stati progressivamente distolti dall’amministratore giudiziario per impiegarli nell’azienda agricola personale, poi venduta dagli eredi dopo la sua morte».

Il questore spiega inoltre che «l’alert pervenuto dal tribunale delle misure di prevenzione a seguito di mirato controllo ha consentito immediatamente di inoltrare allo stesso tribunale una proposta congiunta di sequestro patrimoniale preventivo del procuratore della Repubblica e del questore come prevede la legge, e di recuperare a tempo di record il maltolto sequestrando il provento della vendita dell’azienda agricola ammontante a 779.476 euro».

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