La quarta sezione della Corte d’appello ha confermato le condanne a sei anni e 4 mesi per Riccardo Meli e a sei anni per Orazio Di Maria, imputati di estorsione ai danni di un giovane architetto che, nel mercato storico palermitano della Vucciria, dirigeva il cantiere per la ristrutturazione di una palazzina: la vittima denunciò il fatto e, quando i due autori della richiesta vennero arrestati, si vide revocare l’appalto dalle committenti, due donne della buona borghesia, che preferirono rimanere estranee alla vicenda.
I fatti risalgono al marzo del 2021 e l’indagine venne condotta dalla guardia di finanza: la sentenza di primo grado fu emessa dal gup Giuliano Castiglia lo scorso anno e ora la conferma da parte del collegio di appello presieduto da Giuseppina Cipolla. Rispetto alla prima decisione i giudici hanno solo revocato la confisca di un magazzino riconducibile agli imputati. Confermato il risarcimento del danno in favore della «persona offesa», costituita parte civile, con l’assistenza dell’avvocato Maria Luisa Martorana: ribadite le statuizioni civili pure in favore delle associazioni Sos Impresa e Solidaria, assistite dall’avvocato Fausto Maria Amato, e dall’associazione Antonino Caponnetto (avvocato Alfredo Galasso).
Di Maria e Meli, entrambi con parentele importanti in Cosa nostra, secondo giudici chiesero il pizzo al professionista, che non solo non pagò, ma li denunciò, facendo scattare la trappola da parte della finanza. Meli è nipote acquisito del boss di Porta Nuova. Di Maria è figlio di Enzo, detto u Capuni.
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