Piangere su una tomba pensando che il padre, la madre tanto amata, il nipote che era come un figlio, il nonno faro della vita siano lì a consolare il dolore del parente con i fiori in mano ed il ricordo nel cuore.
Neppure questo è però scontato al cimitero dei Rotoli di Palermo, dove il caro estinto assegnato ad una sezione, per un numero letto frettolosamente o non si sa come, è invece stato sepolto sotto la lapide della famiglia dei vicini. Un po’ più in là, insomma. Lo screening delle sepolture gentilizie decadute per gestione irregolare, da oltre un mese oggetto di una prima tranche di sgombero da parte dell’Amministrazione Lagalla, regala nuovi tragici siparietti sulla gestione a dir poco sbarazzina (in realtà più che imbarazzante) del camposanto negli ultimi anni.
Per esempio, in qualche caso, gli operatori si sono trovati a dover rifare i conti dei defunti ospitati nei ripiani sotto terra: dove magari si aspettavano di trovare 8 morti, ce ne erano invece 9. «Chi è l’intruso?», si potrebbe dire in una sorta di macabro gioco di enigmistica del trapasso. Dai loculi recuperati finora sono stati ricavati oltre 300 posti e ne restano ancora una cinquantina. Poi si passerà alla liberazione di quelli con concessione trentennale scaduta. E chissà quali altre sorprese... Intanto, la relazione di Martorana sarebbe già stata inviata in Procura.
Il ritrovamento delle sette salme nel frigo spento della camera mortuaria adibita a ennesimo deposito temporaneo di defunti potrebbe legarsi in qualche modo proprio alle tombe private che nel 2025, con ordinanza contingibile e urgente dell’allora sindaco Leoluca Orlando, furono requisite proprio per ospitare provvisoriamente i morti che non avevano il posto nei campi saturi. Con quel metodo, attualmente sono sepolti senza diritto alcuno e a rischio di riesumazione circa in mille. In qualche caso è già successo e le bare sono state riportate in deposito. La stessa sorte potrebbe essere toccata alle quattro casse più datate trovate nel frigo: sepolte provvisoriamente, soppiantate, ad un certo punto, dai legittimi proprietari, sistemate nel frigo e dimenticate. Senza che i familiari ne fossero informati.
I registri di entrata oggi sembrano compilati con l’inchiostro a scomparsa, visto che il defunto senza specifica meta finiva dove capitava, come apparirebbe nella logica seguita alla carlona per decongestionare il traffico in aumento nei depositi delle salme in attesa di posto. Ed è capitato più volte, che in quell’affollato bazar di bare sui pavimenti, i familiari stessi non sapessero dove il parente fosse stato sistemato e siano stati costretti a vagare tra salette e tensostrutture alla ricerca del morto perduto. Nessun inventario di chi fosse dove, nessun tracciamento, anarchia amministrativa totale. Storia passata che però dà il colpo di coda oggi, in piena riqualificazione e con la luce in fondo al tunnel dell’emergenza, con la relazione del direttore Marcello Martorana che tira le somme della ricognizione di luoghi e incartamenti. Che mancano, non arrivano. Non si sa se esistono. Confusione non nuova e già largamente denunciata nelle numerose «puntate» degli ex consiglieri a Vergine Maria.
Risale a due anni fa, era l’8 maggio del 2021, il sopralluogo della ex commissione al Lavori Pubblici, c’era anche l’attuale consigliere comunale Giulia Argiroffi. In quel momento, in deposito stazionavano già 882 bare. Il gruppo aveva trovato tombe con lastre divelte e quasi inesistenti, loculi con lapidi talmente annerite con i nomi dei defunti spariti del tutto o illeggibili. Sepolture antiche di 200 anni, completamente abbandonate, non si sa chi c’è sepolto.
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