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Palermo, bare senza nome nell’orrore del cimitero dei Rotoli

La camera frigorifero dove erano state trovare bare anonime

Al cimitero dei Rotoli al ribrezzo fa seguito lo sconcerto. Perché, come un orrorifico vaso di Pandora, continua a riservare sorprese. Terribili sorprese. Come quella che il direttore, Angelo Martorana, ha illustrato nella relazione inviata all’assessore ai Cimiteri: tirando fuori le bare da sotto i tendoni, per seppellirle, ne sono state trovate alcune senza etichetta. Dunque, morti senza nome. Ignoti. Sconcertante, ma non si riesce a dare un nome e un cognome ai poveri resti contenuti in quattro casse di legno. Peraltro, senza alcuna identificazione, non è possibile procedere ad alcuna operazione (inumazione o tumulazione). «Non è possibile nemmeno l’apertura delle casse», scrive Martorana. Il rinvenimento dei feretri senza identità è avvenuto durante le fasi di smantellamento dei gazebo, dove ci sono ancora alcune centinaia di morti in attesa di trovare una sistemazione.

Ciò che emerge, però, nel corso di questi ultimi tre anni, è una gestione del servizio quantomeno superficiale e approssimativa. Il nuovo dirigente non lo dice apertamente, ma scrive di non avere «avuto in consegna dalla direzione precedente la lista del deposito delle salme in attesa di sistemazione». Martorana promette ulteriori verifiche sui registri cimiteriali e se non sia opportuno segnalare tutto all'autorità giudiziaria». Ancora, infatti, non esiste un procedimento aperto in Procura sulla inquietante notizia - anticipata dal Giornale di Sicilia - proveniente dal camposanto di Vergine Maria e che riguarda, peraltro, anche la presenza di reperti anatomici e feti (spesso mischiati insieme) provenienti dagli ospedali, ma non catalogati e «dimenticati» assieme a 7 feretri in un frigorifero in disuso, spento, guasto da anni, assieme agli altri due che potrebbero complessivamente ospitare venti salme.

Il refrigeratore, insomma, è stato utilizzato come uno stanzino qualsiasi perché nella sala attigua non c’era più posto. Ecco che, svuotata quell’area, si è perlustrato ogni angolo ed è saltata fuori la tristissima «sorpresa». Il direttore del camposanto ha chiesto comunque un’ordinanza apposita per incenerire quei pezzi anatomici e i feti arrivati da chissà dove e appartenenti a chissà chi (anche perché non è riscontrabile la destinazione originaria: cremazione o inumazione). L’amministrazione ha intanto voluto avviare alcune interlocuzioni con gli ospedali della città per capire se sia possibile ricostruire il percorso di questo «materiale». Dopodiché si procederà alla loro distruzione, non nel tempio crematorio dei Rotoli, che è in fase avanzata di ristrutturazione ma non ancora pronto, ma con quelli convenzionati. I tecnici intanto provano ad avanzare qualche ragionamento su come sia stato possibile uno scempio di questo tipo: il disastro è cominciato nel marzo del 2020, quando si sono verificate due condizioni che hanno paralizzato le attività, la rottura del tempio crematorio e la chiusura dei campi di inumazione. E così, anziché avviarli alla loro destinazione finale (cremazione o inumazione), i poveri resti venivano infilati in cassette che a loro volta finivano in un cassone più ampio. Il tutto senza una traccia di provenienza e senza che chi gestì le operazioni di «smistamento» se ne sia preoccupato in tempo.

C’è anche un dettaglio che emerge e che sicuramente diventerà oggetto di discussione a più livelli. La «gestione» di feti e altri reperti è molto simile a quella delle salme. Mentre però in altre città, è stato verificato, questo è un servizio a pagamento, alle nostre latitudini pare che avvenga gratis et amore Dei. Di questo, peraltro, si è discusso ieri, nella consueta riunione del lunedì della struttura commissariale guidata dal sindaco, Roberto Lagalla. A conclusione dell’incontro il primo cittadino ha spiegato di avere «dato disposizione agli uffici di prendere gli eventuali contatti con le autorità competenti rispetto al ritrovamento di resti di defunti. Anche questa scoperta dimostra come l’amministrazione stia, fin dal suo insediamento, lavorando incessantemente per superare le terribili difficoltà del cimitero - spiega l’ex rettore -. Questa storia è l’ennesima dimostrazione di quello che abbiamo trovato e che ogni giorno troviamo al cimitero, dove, risultati alla mano, stiamo cercando di rimettere un ordine e di riportare la giusta dignità che merita un luogo sacro. Adesso siamo impegnati per risalire alla identificazione dei resti».

L’eco del coro di indignazione della politica cittadina, compresi i dubbi sollevati su come debba essere affrontato il problema una volta e per tutte, continua a propagarsi. «Questa vicenda - è il commento del segretario di Rifondazione comunista, Ramon La Torre - è un’ulteriore conferma di quando non vi sia piena consapevolezza del disastro funzionale del sistema cimiteriale palermitano, che beninteso non troverà soluzione nelle azioni messe in atto dal comitato emergenziale presieduto dal sindaco. Siamo ancora ai pannicelli caldi e non sono state annunciate soluzioni che prefigurino un cambio radicale dell’uso delle strutture cimiteriali a disposizione».

Leonardo Canto, consigliere di Azione, non ne fa una questione da utilizzare politicamente: «Ritengo che il problema sia talmente delicato da non dovere e potere diventare oggetto di polemica politica. Preferisco nel silenzio ringraziare soltanto il personale della Reset, che cerca quotidianamente di fare la propria parte per cercare di tornare alla normalità».

 

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