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Le accuse alla preside dello Zen: «Coi soldi per lo sport dei ragazzi comprava vestiti firmati»

Daniela Lo Verde

I soldi di un finanziamento pubblico da investire nell’ammodernamento della palestra della scuola Falcone dello Zen furono in gran parte destinati all’acquisto di scarpe e capi d’abbigliamento alla moda per i dirigenti dell’istituto. Una pratica truffaldina, condita da fatture gonfiate, nel desolante quadro dell’impostura della legalità sfociata a Palermo negli arresti per corruzione e peculato della preside Daniela Lo Verde, del suo vice Daniele Agosta e dell'impiegata di un'azienda di informatica, Alessandra Conigliaro. A raccontare agli inquirenti gli intrallazzi nell’istituto di periferia è stata un’insegnante, stanca di dovere assistere agli imbrogli della dirigente insignita del titolo di cavaliere al Merito della Repubblica e in apparenza paladina dell'antimafia.

La testimone ha detto, tra l'altro, riferendo il racconto di un collega, che i novemila euro arrivati per comprare le attrezzature sportive in realtà erano stati spesi per lo shopping di pochi e che nella palestra erano arrivati solo pochi attrezzi. Per rendere la spesa apparentemente corretta, sarebbero state prodotte fatture false. Dalla denuncia della professoressa sono nati gli accertamenti dei carabinieri, che, con intercettazioni e registrazioni video, hanno smascherato la sistematica spoliazione orchestrata dalla Lo Verde e dai suo complici: dai furti di generi alimentari alla registrazione di false presenze per potere intascare i Fondi Ue, sino all'acquisizione di tablet, computer, smartphone e televisori che potevano essere destinati alle attività didattiche.

La preside, «avvezza alla violazione delle regole di qualsiasi natura, da quelle relative all’emergenza sanitaria a quelle di gestione dei progetti finanziati dall’Unione europea», come scrive il gip Elisabetta Stampacchia nell'ordinanza di custodia, sarà interrogata giovedì dal giudice assieme agli altri due accusati finiti ai domiciliari. Nell’inchiesta ci sono altri nove indagati, tra insegnanti e collaboratori scolastici. Intanto, dopo la sospensione immediata della Lo Verde, disposta dal ministero, è stato deciso che un esperto del Provveditorato agli studi affiancherà i magistrati e i carabinieri nelle indagini coordinate dalla Procura europea (pm Gery Ferrara e Amelia Luise).

Tra gli episodi che più hanno impressionato, al di là delle sottrazioni di bevande e generi alimentari destinati agli alunni, c’è la storia del burro scaduto somministrato ai bimbi. Veniva utilizzato cancellando la data di scadenza con un pennarello. Un particolare non secondario, visto che la donna, quando in piena estate, assieme alla figlia, si recava a prelevare la merce, controllava la data entro cui i prodotti dovevano essere consumati. «Il dato risulta particolarmente significativo - sottolinea nell’ordinanza il giudice - dell’agire dell’indagata che, in occasione dell’attuazione del Pon cucina, non manifestava alcuno scrupolo nel somministrare agli studenti burro scaduto dieci giorni prima».

In base alla ricostruzione dei fatti, compiuta dai carabinieri, che hanno fotografato la Lo Verde durante le sue scorribande, «la preside e la figlia andavano a rifornirsi di quanto di necessità per la imminente villeggiatura a San Vito Lo Capo e, nell’occasione, decidevano anche di portare via un nuovo Mac nella disponibilità dell’Istituto». Fra i beni prelevati e riposti nei sacchetti, «acqua, succhi di frutta, patatine, gelati, tovaglioli, detersivi e persino birre», decisamente fuori luogo tra le forniture previste per i piccoli scolari. Durante quasi tutto il mese di agosto e sebbene formalmente in ferie fino al giorno 15, la preside continuava a recarsi presso la Falcone e, «approfittando della chiusura estiva e dell’assenza di altro personale, in compagnia delle figlie prelevava puntualmente qualcosa da portare a casa dalle scorte alimentari accantonate all’interno del suo ufficio.

«L’attività investigativa ha offerto un chiaro, del tutto inequivocabile, composito e imbarazzante quadro probatorio in ordine alle condotte poste in essere da Lo Verde e Agosta - scrive il gip -. L’insegnante che ha collaborato ha rappresentato una realtà torbida e una gestione se non altro dispotica della cosa pubblica da parte della preside, incontrastabile, salvo il pericolo di ritorsioni». Secondo l’accusa, l’esatto danno che riguarda i finanziamenti europei deve ancora essere precisamente determinato, considerando l’enorme mole di rilevante documentazione da esaminare relativa ai progetti e acquisita nel corso delle indagini, ma una stima si aggira attorno ai 100 mila euro.

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