Una visita oculistica nell’ambulatorio della casa di cura La Maddalena di Palermo: c’è anche un controllo medico agli occhi, fatto nel dicembre del 2022 dal «paziente Andrea Bonafede», cioè Matteo Messina Denaro, nella lunga lista di accertamenti che la Dda di Palermo, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, sta portando avanti da lunedì scorso per ricostruire i movimenti e le complicità su cui ha potuto contare. Il latitante Messina Denaro, il 27 dicembre scorso, ha varcato la soglia della struttura sanitaria dove era già in cura per un tumore che colpisce il colon-retto con l’identità del geometra di Campobello di Mazara, che per tre giorni non si è più visto in circolazione in paese, prima di essere arrestato. Alla Maddalena, in via San Lorenzo, il mafioso-stragista latitante sotto cura chemioterapica per il tumore, si è sottoposto ad una visita medica agli occhi. Lo strabismo all’occhio sinistro è un problema che affligge Messina Denaro fin da giovane e che potrebbe essersi aggravato con il passare degli anni. Una caratteristica fisica nota agli investigatori che gli hanno dato la caccia e che era finita anche negli identikit e nella ricostruzione ipotizzata al computer del suo volto, con l’ipotesi di come fosse cambiato negli anni.
La rete dei fiancheggiatori
Così, nel dossier della procura antimafia e in quello dei carabinieri del Ros guidati dal colonnello Lucio Arcidiacono che hanno braccato Messina Denaro pronto a sottoporsi ad una seduta di chemioterapia alla Maddalena lunedì scorso, è finito anche questo appuntamento medico: gli inquirenti dovranno ricostruire se il boss è stato accompagnato da qualcuno e se la trafila seguita per sottoporsi alla visita sia stata possibile grazie a complicità esterne alla casa di cura.
Lo strabismo all’occhio sinistro del boss è un particolare noto già dal 1987: il venticinquenne figlio di Francesco Messina Denaro, con la sua identità dato che non era ancora latitante, era stato a curarsi a Barcellona alla clinica Barraquer. E quando, nel 1993, si è dato alla macchia perché ricercato per il suo ruolo di vertice in Cosa nostra, e il suo nome era stato già accostato ai delitti ordinati dai «corleonesi» di Totò Riina di cui era un esponente di spicco, uno dei primi segni di riconoscimento segnalati era stata proprio quella caratteristica. Nella prima foto segnaletica, Matteo Messina Denaro è ritratto con gli occhiali Ray Ban, uno strabismo evidente, una maglia a collo alto. Le successive due fotografie, di cui gli inquirenti vengono in possesso anche grazie a perquisizioni e sequestri di immagini nelle abitazioni di familiari o conoscenti, confermano il difetto visivo che sembra essersi un po’ aggravato. Nei successivi tre identikit, elaborati anche grazie alle moderne tecnologie dei computer, il particolare dell’occhio sinistro strabico assume un ruolo identificativo preciso.
I racconti di Spatuzza
Negli anni, ci sono diversi filoni di indagine che polizia e carabinieri che gli danno la caccia seguono per cercare di stanarlo. Uno di questi seguì il blitz della Criminalpol della polizia che il 4 maggio del 1997 fece irruzione in un appartamento di Aspra, frazione di Bagheria: era il covo che Messina Denaro utilizzava per i suoi incontri con Maria Mesi, la sua donna. Tra gli oggetti trovati, c’erano anche alcune lettere che la ragazza indirizzava al boss. Da lì, partì una missione segreta degli investigatori della polizia verso Messina, alla ricerca di una traccia del boss in una struttura oculistica: ma di lui non venne trovato nulla.
Un riferimento ai problemi all’occhio sinistro del boss è stato fatto anche da Gaspare Spatuzza, l’ex capomafia di Brancaccio diventato collaboratore di giustizia. Durante un’udienza del «Borsellino quater» celebratasi l’11 giugno 2019 a Caltanissetta, Spatuzza raccontò che Messina Denaro aveva subìto un intervento agli occhi, probabilmente nella prima metà degli anni Novanta. Il tutto grazie alla falsa identità di Giorgio Pizzo, esponente del clan di Brancaccio, e all’aiuto del boss Nino Mangano. In Corte d’appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, Spatuzza disse: «So un particolare in cui Matteo Messina Denaro ha subito un intervento agli occhi a Messina. All’epoca si andò a curare sotto il nome di Giorgio Pizzo».
Così, si allunga di altri particolari la parentesi sanitaria della vita del boss. Nei giorni scorsi è venuto fuori il particolare che durante la latitanza ha subito il primo intervento chirurgico nel novembre del 2020 all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo a causa di un tumore «ulcerato, con pattern di crescita di tipo infiltrativa. La neoplasia - si legge nella relazione che avevano scritto i medici - infiltra la parete delle viscere a tutto spessore, interessando anche la sottosierosa e focalmente la sierosa». Nell’anamnesi iniziale i medici dell’ospedale che avevano in cura il boss, avevano scritto che le sue condizioni generali erano buone anche se il paziente avvertiva i sintomi dell’astenia, una debolezza generale e la riduzione della forza muscolare: l’allora 59enne, che affermava di essere nato a Campobello di Mazara e non a Castelvetrano, aveva dichiarato di essere già stato operato di ernioplastica inguinale e per le emorroidi, di soffrire di emicrania e di non essere a conoscenza di familiari alle prese con patologie simili alla sua. Poi, a maggio, il secondo intervento chirurgico alla Maddalena.
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