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Messina Denaro aveva in tasca un santino di Gesù e la lista della spesa

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro in un fermo immagine dopo l'arresto dai carabinieri

Un santino del Sacro Cuore di Gesù. La lista della spesa. Gli scontrini di una farmacia e di un supermercato di Campobello di Mazara. Un portachiavi con un’etichetta che recita «Il mito, la leggenda, sei tu...». Due telefonini. Come un qualunque paziente che va in casa di cura per sottoporsi a cure chemioterapiche, Matteo Messina Denaro aveva con sé un po’ del suo mondo da latitante-ammalato quando è stato bloccato dai carabinieri del Ros, e dai Gis, che hanno portato a compimento l’operazione di cattura della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Appena fuori dalla Maddalena, il centro d’eccellenza di Palermo dove il capomafia si curava già da un anno per il tumore al colon che lo ha colpito di recente e dove è finita la latitanza durata 30 anni, è subito scatta la perquisizione sia del boss sia dell’auto, una Fiat Bravo bianca guidata da Giovanni Luppino, commerciante di olive arrestato col boss e pregiudicato per traffico di droga. «Tutto quanto è stato trovato all’ormai ex latitante» ha spiegato il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto, compresi i due telefonini, «è già stato affidato al nucleo specializzato del Ris di Messina per le analisi e gli accertamenti necessari». Messina Denaro e Luppino sono partiti da Campobello di Mazara per la seduta di chemioterapia che il «paziente Andrea Bonafede» aveva prenotato da tempo dato il «quadro clinico molto serio» come viene definito dai medici che lo avevano in cura anche per il morbo di Crohn.

Sneakers e vestiti di lusso

Portato all’incasso il primo grosso risultato, Dda e Ros dei carabinieri hanno fatto scattare la seconda parte degli approfondimenti: la ricerca del covo del boss, o meglio «del rifugio temporaneo» come lo ha definito De Lucia. Luogo che già lunedì sera è stato trovato dai Ros e perquisito alla presenza dell’aggiunto Guido: è un appartamento in vicolo San Vito (l’ex via Cv31), a pochi passi dal centro di Campobello di Mazara. Lì, i carabinieri e il magistrato Guido hanno trovato scarpe sneakers griffate, vestiti di lusso, un frigorifero pieno di cibo, ricevute di ristoranti, pillole per potenziare le prestazioni sessuali, profilattici. E un’agenda. Da quello che trapela, non risulta che nell’appartamento vi fossero documenti di particolare interesse, tanto che gli investigatori pensano che possa esserci un secondo immobile in cui cercare il cosiddetto «tesoro» - anche di documenti - di Messina Denaro. «Non parlerei di covo, ma della residenza di un soggetto che conduceva una vita tutto sommato normale e che utilizzava l’abitazione per vivere e come punto di partenza per recarsi a Palermo e sottoporsi alle cure» ha detto De Lucia a SkyTg24. «Continuiamo a cercare quei luoghi in cui potrebbe esserci documentazione di nostro interesse. In questo caso si tratta di un’abitazione che ci consente di farci una idea su come viveva il boss, e viveva bene...». Non è stato difficile, per i carabinieri del Ros, trovare l’appartamento dove Messina Denaro avrebbe trascorso l’ultimo anno di latitanza. Nel borsello che il boss aveva con sé, c’erano le chiavi di un’Alfa Romeo 164. Gli inquirenti, attraverso il codice della chiave, sono risaliti al veicolo e con la geolocalizzazione hanno ricostruito gli spostamenti dell’Alfa. Tra le immagini che hanno seguito i movimenti del veicolo ce n’è una in cui si vede il boss che entra ed esce dall’abitazione di vicolo San Vito con le borse della spesa. Ieri mattina alle 8,30 sono arrivati i carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche di Messina che hanno passato al setaccio l’abitazione presidiata dai carabinieri della compagnia di Mazara del Vallo comandati dal capitano Domenico Testa.

Notificati gli ergastoli

La Procura di Palermo - con un atto di De Lucia e Guido - ha chiesto l’applicazione del regime di carcere duro per Messina Denaro. L’istanza è stata inviata al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che l’ha firmata ieri mattina. A Messina Denaro, nel frattempo trasferito da Palermo nel carcere di massima sicurezza di L’Aquila, è stato notificato il «provvedimento di esecuzione di pene concorrenti» che è l’atto di accusa relativo alle 11 condanne definitive. Nel provvedimento del procuratore generale Lia Sava e del sostituto procuratore generale Claudia Bevilacqua, l’elenco dei verdetti di «fine pena mai» che comprendono anche le cosìddette pene accessorie che l’ergastolo con isolamento diurno di tre anni prevedono: dall’interdizione ai pubblici uffici alla decadenza della responsabilità genitoriale. Il provvedimento è stato notificato dalla polizia giudiziaria a Messina Denaro nel carcere dove è detenuto da lunedì; al suo legale, la nipote Guttadauro; alla procura di Marsala che è competente dato che la residenza ufficiale del boss è Castelvetrano.
Vertice con Melillo«Abbiamo fatto una riunione importante per tutti. Per me, per l’ufficio... Abbiamo condiviso le informazioni e progettato il lavoro che ora andrà fatto» ha detto il capo della Procura nazionale antimafia, Giovanni Melillo. «Col Procuratore di Palermo abbiamo anche in animo di riversare i dati raccolti nel corso dell’indagine nell’ottica di arrivare a un sistema di coordinamento con le altre procure interessate alle vicende legate al boss Messina Denaro».

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