Restano in carcere madre e figlia indagate nell’ambito dell’operazione sul giro di prostituzione a Partinico nei giorni scorsi con il coinvolgimento anche di una minorenne vittima di abusi.
Le due donne avrebbero usato una minorenne come merce di scambio offrendola ad alcuni uomini adulti residenti nel Palermitano e nell’Agrigentino, i quali in cambio dei rapporti sessuali pagavano dai 20 ai 50 euro che servivano a pagare i debiti e le spese di ogni giorno della famiglia. A spingere la ragazzina a prostituirsi erano infatti la madre e la sorella di 20 anni, anche loro disposte a vendere il proprio corpo pur di riuscire a racimolare qualcosa. Entrambe sono finite in carcere, due «clienti», che non hanno avuto scrupolo ad appartarsi con la 15enne, sono ai domiciliari con il braccialetto elettronico mentre altri due, che avevano il compito di spargere la voce per fissare gli appuntamenti, sono stati sottoposti dal giudice per le indagini preliminari alla misura dell’obbligo di dimora.
La decisione è del tribunale del riesame di Palermo che si è pronunciato sulla richiesta di revoca delle misure cautelari da parte degli avvocati difensori dei sei indagati.
Le accuse a vario titolo sono di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, nonché di atti sessuali con minore.
Confermati anche i domiciliari ad altri due indagati, mentre sono state parzialmente accolte le richieste di altri due uomini, anch’essi indagati.
Le misure sono state eseguite dai carabinieri tra le province di Palermo e Agrigento.
Madre e figlia, in base alle indagini dei militari della compagnia di Partinico, si prostituivano costringendo anche la minorenne a subire abusi.
Le due donne sono assistite dagli avvocati Rosangela Barretta e Salvatore Di Chiara. Confermati i domiciliari per gli altri due indagati difesi da Maria Polizzi e Luigi La Placa. Altri due uomini hanno avuto accolte le loro richieste.
Uno difeso dall’avvocato Antonio Maltese ha avuto revocato l’obbligo di permanenza in casa dalla 20 alle 7, e quindi non ha più alcuna misura, l’altro invece, difeso dall’avvocato Cinzia Pecoraro, ha avuto revocato sempre l’obbligo di permanenza nelle ore notturne, ma è stato confermato l’obbligo di dimora.
La terribile storia, che si è consumata in un comune della provincia palermitana ma anche ad Agrigento, è maturata all’interno di uno squallido contesto di povertà e degrado: gli investigatori non hanno voluto indicare con maggiore precisione la località in cui si è svolta la vicenda per evitare l’identificazione della vittima che nel frattempo è stata affidata all’assistenza di una comunità protetta.
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