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Palermo, l’inchiesta Schiave del pulito: indagata rimessa in libertà

È stata rimessa in libertà dopo l’interrogatorio di garanzia Lamia Tebourbi, una delle donne coinvolte nell’operazione della polizia di Stato sulle «schiave del pulito», le nigeriane arrivate a Palermo e impiegate nei consorzi per fare le pulizie negli alberghi. Il provvedimento di revoca degli arresti domiciliari è stato disposto dallo stesso gip Annalisa Tesoriere, che aveva firmato l’ordine di arresto, per carenza di gravi indizi di colpevolezza. La donna, difesa dall’avvocato Giorgio Bisagna, ha ribadito durante l’interrogatorio che nel centro di accoglienza straordinaria «Donne Nuove» si batte per liberare queste donne dalla tratta e farle restare il più possibile in Italia. Per questo era fondamentale che le nigeriane avessero un contratto di lavoro perché in questo modo potevano dimostrare la loro inclusione che le avrebbe tenute lontano dalla tratta e dalla prostituzione.

Luca Fortunato Cardella, uno degli altri arrestati nell’operazione, che assumeva le donne si era presentato, ha aggiunto la donna, come persona affidabile e aveva proclamato il suo impegno antirazzista. Aveva più volte ribadito che l’impegno era di 3 o quattro ore al massimo, per una paga mensile di 400 euro. L’impiego delle ragazze non ha mai portato alcun utile alla struttura e non è mai stato riferito alle donne che sarebbero state cacciate se non avessero lavorato. «Rilevato che tali attendibili e plausibili dichiarazioni - scrive il gip nell’ordinanza di scarcerazione - inducono a riconsiderare la consistenza in termini di gravità degli indizi a carico dell’indagata in ordine alle ipotesi di reato alla stessa ascritte in via provvisoria, sicché, venendo meno i presupposti di applicabilità va revocata la misura cautelare in atto applicata».

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