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Mafia a Palermo, Lo Presti ordinò: «I “picciuttieddi” non devono usare i telefonini» 

Il telefono cellulare nemico numero 1 della mafia. I capi sanno di correre il rischio di essere intercettati e provano, spesso senza successo, a convincere gli altri membri del clan a non usarlo, a non parlare di attività illecite al telefono, a non portarlo con sé quando devono incontrare altri uomini d’onore. Lo dice chiaramente Tommaso Lo Presti il Lungo, considerato dagli inquirenti il reggente del mandamento di Porta Nuova, a Palermo, in una conversazione intercettata dai carabinieri e riportata nell’ordinanza di custodia cautelare dell’ultima operazione, quella ribattezzata Vento 2.

È il 27 gennaio del 2021 e Lo Presti, annotano gli inquirenti, «si lamenta del fatto che le sue disposizioni  vengono disattese e sollecita Giuseppe Auteri e Giuseppe Incontrera a non portare i telefoni con sé in occasioni degli incontri con i sodali».

Auteri, detto Vassoio, gravato da due ordini di custodia e tuttora ricercato, è l’uomo che lo stesso Lo Presti ha voluto riportare a un ruolo di primo piano dopo le due scarcerazioni, la sua e quella dello stesso Auteri, avvenute a pochi mesi di distanza l’una dall’altra, a febbraio 2020 il capo, a settembre 2019 l’altro. Incontrera, invece, è l’uomo che è stato assassinato lo scorso 30 giugno, alla Zisa. Lo Presti, uscendo dal carcere, lo trova inserito in posizione di vertice e gli garantisce i gradi, pur piazzandogli al fianco lo stesso Auteri, principalmente nella gestione della cassa.

In quel momento, nel gennaio dell'anno scorso, tanto Incontrera quanto Auteri sono a rapporto dal capo. Che li invita a dire a tutti di non usare i cellulari per comunicare. «Ora dobbiamo mettere un avviso», intima ai suoi vice, per risolvere «il fatto dei “picciuttieddi” con i telefonini».

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