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Appalti pilotati all’Ucciardone, danno all'immagine: deciso un risarcimento con lo sconto

Carcere Ucciardone

Nel 2013 era finito in manette nell’ambito di un’inchiesta su appalti pilotati nella casa circondariale dell’Ucciardone ed era stato condannato in via definita per corruzione. Ora l’ingegnere Giuseppe Marino, 45 anni, funzionario tecnico del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, citato in giudizio per danno all’immagine dalla Procura regionale della Corte dei conti, ha chiesto e ottenuto la definizione col rito abbreviato versando cinquemila euro anziché i quindicimila richiesti dal pm. La sentenza è stata emessa dalla Sezione giurisdizionale che lo ha condannato a pagare le spese di giudizio.

Il professionista era stato coinvolto in un filone dell’indagine Eden della Direzione distrettuale antimafia sui fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro. Gli investigatori scoprirono casualmente un giro di irregolarità nell’affidamento dei lavori all’interno del carcere del capoluogo siciliano.

Il primo appalto a finire nel mirino della squadra mobile di Trapani, nell’estate del 2011, fu quello per realizzare una cucina in un’ala del penitenziario. Un’opera da 160 mila euro affidata con la procedura della somma urgenza alla ditta SpeFra proprio da Marino, che si interessò anche per ritardare l’applicazione della penale prevista per il ritardo nella consegna dei lavori.

Seguendo l’imprenditore Francesco Spezia, socio dell’impresa aggiudicataria, gli investigatori lo intercettarono mentre parlava di 25 banconote da consegnare a qualcuno. Si trattava di Marino, incontrato qualche giorno dopo alla stazione Notarbartolo. Spezia, Giuseppe Pilato, geometra della ditta, e Salvatore Torcivia, anche lui funzionario del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, furono rinviati a giudizio (i primi due per corruzione, il terzo per turbativa d’asta) e condannati rispettivamente a tre e due anni di reclusione in primo grado, sentenza confermata in appello nel 2020.

Marino scelse il rito abbreviato, con una condanna a due anni di reclusione e due di interdizione dai pubblici uffici divenuta definitiva nel 2016. Ma sulla vicenda aveva aperto un fascicolo anche la Procura contabile, convinta che «gli articoli di stampa in atti avessero dato contezza, all’opinione pubblica, di siffatta strumentalizzazione illecita e della infedeltà funzionale di un soggetto istituzionalmente deputato alla vigilanza sulla regolare e trasparente esecuzione degli appalti pubblici e, pertanto, la condotta penalmente accertata dovesse ritenersi altamente lesiva dell’immagine della pubblica amministrazione».

Citato in giudizio per danno all’immagine con la richiesta di una condanna a quindicimila euro di risarcimento, il professionista chiese l’applicazione del giudizio abbreviato che prevede il pagamento di un terzo della somma, ottenendo il placet della Procura «stante la non grave lesività e l’assenza di doloso arricchimento del convenuto». Richiesta accolta dalla Sezione giurisdizionale.

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