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«O levate mano o fate avere 2 mila euro a piazza Ingastone»: i mafiosi minacciavano le imprese

Un frame dal video diffuso dai carabinieri impegnati nell'operazione Vento

Due imprenditori a Palermo si sono ribellati alle richieste degli esattori del racket delle estorsioni e hanno trovato il coraggio della denuncia. I loro drammatici racconti, raccolti da investigatori e magistrati, hanno dato impulso alle indagini anche su alcune storie di pizzo. Nel provvedimento di fermo dell'Operazione Vento, che mercoledì scorso ha portato a diciotto fermi nei confronti del mandamento mafioso di Porta Nuova, , poche pagine in cui si riassumono i capi d’accusa contro i diciotto indagati, si fa riferimento a una decina di episodi nei quali risultano presi di mira titolari di imprese edili, gestori di tabaccherie, ristoranti, negozi di biciclette e sale scommesse. A Porta Nuova nessuno sembra sfuggire alla legge del racket anche se i mafiosi negli ultimi tempi, vista la pressione delle forze dell’ordine, si sono fatti più accorti per timore delle denunce.

«O levate mano subito o fate avere duemila euro a piazza Ingastone», avrebbero detto Giuseppe Giunta, uno degli Incontrera e un altro indagato (G. B., per il quale si procede a parte) ai responsabili di una ditta che stava eseguendo lavori edili in un appartamento. In una seconda visita, gli operai sarebbe stati chiaramente minacciati: «Questa è la seconda volta che vengo, altre persone mi hanno detto che dovete andarvene». Un invito a sloggiare dopo la mancata riscossione dei soldi. Un copione che Giunta avrebbe ripetuto con un altro imprenditore impegnato in opere in via Zisa: «Ma tu non lo sai come funziona? Che ti devi andare a informare per lavorare? Per stare qui devi portare duemila euro». Con la successiva conclusione: «Allora saliti il materiale, chiudi tutto e te ne vai».

Giuseppe Di Giovanni si sarebbe occupato di chiedere il pizzo a un ristorante di pesce e, assieme a Giunta, Antonino Bologna, Salvatore Incontrera e Gioacchino Fardella avrebbe preso di mira un venditore di bici elettriche, al quale furono rubati cinque mezzi. Per la restituzione, gli furono chiesti cinquemila euro. Nel mirino anche il proprietario di un terreno ai Danisinni, che sarebbe stato costretto a cedere il fondo da Giuseppe Di Giovanni, Calogero Lo Presti, Leonardo Marino e un altro personaggio coperto da omissis. Giuseppe Di Giovanni avrebbe costretto un ristoratore della zona del Capo a consegnare mille euro, mentre Giuseppe Auteri avrebbe preteso 150 euro a settimana dal gestore di una ricevitoria della zona.

Per arraffare denaro, gli uomini della cosca avrebbero fatto ricorso anche alle rapine a mano armato. A Salvatore Incontrera viene contestato, in concorso con un altro personaggio omissato, l’assalto in una sala scommesse di via Silvio Pellico messo a segno il primo gennaio di quest’anno. Il titolare venne minacciato con una pistola e fu costretto a consegnare l’incasso: 14.500 euro. Spesso la mafia utilizza le rapine a scopo intimidatorio, un sistema per convincere le vittime a chiedere la protezione dei boss e, soprattutto, a pagare.

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