Tre colpi di pistola, tutti esplosi da una calibro 22. I risultati dell’autopsia danno le prime conferme ai rilievi condotti finora per fare luce sul delitto di Giuseppe Incontrera, 45 anni, disoccupato con precedenti per droga, consuocero per parte di figlia di Giuseppe Di Giovanni (fratello di Gregorio e Tommaso, boss che si sono alternati alla guida del mandamento di Porta Nuova). Gli inquirenti - la Direzione distrettuale antimafia e il Nucleo investigativo dei carabinieri - stanno acquisendo nuove informazioni su movimenti, incontri, interessi e contatti con l’universo di Cosa nostra di Incontrera, ucciso giovedì nel cuore della Zisa, il quartiere dove viveva da una ventina di anni.
Subito dopo l’agguato sono stati attenzionati i fascicoli recenti dedicati a Incontrera - a partire dall’inchiesta sui Compro Oro della Guardia di Finanza, che aveva fatto un importante passo avanti dopo le dichiarazioni del pentito Alessio Puccio - fino alle acquisizioni sulla cosca di Porta Nuova, che è sotto la lente di ingrandimento dei carabinieri da lungo tempo e che - è lecito pensare - potrebbero intrecciarsi con le indagini sul delitto di via Imperatrice Costanza, la strada perpendicolare alla via Cipressi, dove la vittima abitava al civico 9. Le indagini della Direzione distrettuale antimafia, coordinate dal procuratore Marzia Sabella e dall’aggiunto Paolo Guido, proseguono senza sosta.
Intanto Francesco Di Giovanni, anima del Centro Tau, uno dei più importanti centri di aggregazione della Zisa, ha scritto un post su Facebook per dire la sua sul momento che sta vivendo il quartiere. Parole profonde, pesate, che sono un invito alla riflessione, che elaborate da un collettivo da anni in prima linea alla Zisa servono a offrire un orizzonte di lettura da non sottovalutare. «Riusciremo a scrivere dritto sulle linee storte?», si chiede Di Giovanni. «Nel buio e nel dolore che si vive in questi giorni in via Cipressi non ho potuto fare a meno di pensare alla faticosa, difficile e importante presenza del Centro Tau nel territorio e di chi lo vive nella quotidianità: i bambini, i giovani, i genitori, i volontari, gli operatori, chi ne ha la responsabilità. Non è facile intravedere tra la nebbia e le tenebre la Luce, ritenere possibile che l’Amore possa prendere il posto della rabbia e dell’odio, sopratutto in momenti in cui la vita è segnata profondamente e indelebilmente dalla violenza e dalla morte. Oggi ho ricevuto una domanda: “Sai cos’è la rabbia? Sai cosa significa avere un fuoco dentro? Sai cosa significa sapere che non te ne libererai mai, che sarà presente ogni giorno, sostenuta dai ricordi pesanti, dalla felicità negata, dagli affetti che non ritorneranno mai più?”. È qualcosa che ti prende dentro che non puoi fermare, cerchi la forza per trattenerla ma sai che nessuna la forza riuscirà a fermarla, che forse sei tu a non volerla trattenere o trasformare, che vorresti riversarla sugli altri, su chi non capisce cosa hai dentro, su chi non considera il tuo dolore. La morte accende una rabbia che non si può capire, lo può capire solo chi l’ha vissuta». Di Giovanni mette in fila i suoi pensieri e aggiunge: «Oggi quella voce era un coro, ma anche un’eco. Un quartiere segnato troppe volte da morti cruente che hanno attraversato e trasformato le vite di bambini, adolescenti e giovani che non ritroveranno facilmente il sorriso e rimarranno accecati dalla rabbia. Non è stato facile trovare le giuste risposte, la vita, come sta facendo in questi giorni, ci mette davanti a situazioni nelle quali non è facile discernere cosa fare e cosa dire...». Poi la conclusione: proviamo «a trovare il coraggio, se serve, di cambiare quaderno!».
Caricamento commenti
Commenta la notizia