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Il boss di Brancaccio al processo «’ndrangheta stragista», ora un pentito ritratta

Il boss di cosa nostra Giuseppe Graviano

Ha ritrattato le sue precedenti dichiarazioni d’accusa, compresa la sua ammissione di avere fatto parte della criminalità organizzata, il pentito di ’ndrangheta Annunziato Romeo. La ritrattazione è avvenuta nel corso dell’udienza di oggi del processo «’ndrangheta stragista» che vede imputati, davanti alla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria, il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto affiliato alla cosca dei Piromalli di Gioia Tauro.

Graviano e Filippone, in primo grado, sono stati condannati all’ergastolo per l’agguato in cui, nel 1994, lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, furono uccisi gli appuntati dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo.

Romeo, in particolare, ha disconosciuto l’autenticità di un verbale, da lui sottoscritto nel 1996, in cui fece riferimento alla cosca Papalia ed ai rapporti tra la ‘ndrangheta e la massoneria deviata.
«Non ricordo queste cose - ha detto Romeo - e non so neanche se le ho dette o se le ho potute dire. Non ho memoria minima di queste cose e non ho paura di niente e di nessuno». Il sospetto della Procura di Reggio Calabria, espresso nel corso dell’udienza dal Procuratore della Repubblica aggiunto, Giuseppe Lombardo, è che Annunziato Romeo sia stato minacciato dopo aver rilasciato, l’anno scorso, un’intervista televisiva.

A conclusione della deposizione, il procuratore Lombardo ha chiesto alla Corte d’assise d’appello di avviare un subprocedimento in modo da depositare, nel corso della prossima udienza del processo, fissata per il 22 giugno, un’informativa in cui si fa riferimento alle minacce che avrebbe subito il pentito.

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