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Guttadauro, i pentiti incastrano il "dottore": "Si interessa sempre ma preferisce stare a Roma"

Giuseppe Guttadauro

Oltre alle intercettazioni e agli appostamenti sono stati anche i collaboratori di giustizia a mettere di nuovo nei guai Giuseppe Guttadauro, arrestato lo scorso 13 febbraio con il figlio Mario Carlo. L'accusa per l'ex boss del quartiere Brancaccio di Palermo è quella di aver continuato a tessere i rapporti con la mafia palermitana anche dalla sua casa di Roma, dove viveva dall'ultima scarcerazione. E per farlo si sarebbe fatto aiutare proprio dal figlio, finito in carcere nei giorni scorsi.

Uno dei pentiti che ha parlato con i magistrati del "dottore" è Vito Galatolo, uomo d'onore ed ex capo della famiglia dell'Acquasanta, prendendo il posto del padre Vincenzo, storico esponente di cosa nostra, detenuto da anni. Dal 2012 Galatolo ha ricoperto anche il ruolo di capomandamento di Resuttana (che comprende le famiglie mafiose di Acquasanta, Arenella e Vergine Maria).

Pur essendo stato affiliato solo di recente, nel 2010, Galatolo, in quanto figlio del boss Vincenzo, è praticamente nato dentro cosa nostra, il che gli ha consentito di raccontare agli investigatori numerosi dettagli riguardo a vicende che lo vedevano coinvolto anche indirettamente, già da adolescente. A questo va aggiunta la sua attiva partecipazione all'interno del clan sin dall'inizio del 1993, quando iniziò ad occuparsi degli affari della famiglia.

In una dichiarazione del 2018 Vito Galatolo indica Giuseppe Guttadauro come autorevole esponente mafioso a cui faceva capo Luigi Fabio Scimò: "All'epoca, quando comandava Fabio Scimò, loro giravano pure per Scimò, tutti andavano da lui perché, a parte che era con i Lo Piccolo, anche con la parte dei Pagliarelli, ma aveva il dottore Guttadauro dietro le spalle, perché lui girava tutte cose, ma doveva dare conto e ragione a Guttadauro, quando è uscito Guttadauro, ma prima ero Fabio Scimò che gestiva tutto".

Su Giuseppe Guttadauro ha riferito anche Francesco Colletti, boss ai vertici del mandamento di Villabate-Bagheria subito dopo la sua scarcerazione avvenuta nel 2015. Colletti, con Settimo Mineo, Giovanni Di Gregorio e Filippo Salvatore Bisconti, era ritenuto uno dei responsabili  della ricostituzione della commissione provinciale palermitana di cosa nostra, nelle qualità rispettivamente di boss dei mandamenti di Pagliarelli, Porta Nuova, Misilmeri-Belmonte Mezzagno e Villabate.

Colletti "sebbene non riferisca situazioni e conoscenze dirette - scrivono nell'ordinanza che ha portato all'arresto dei Guttadauro -, delinea però quali fossero nel periodo 2017-2018 i contrasti all'interno di cosa nostra con riferimento alla figura del 'dottore' costretto a tenersi lantana dal territorio di Palermo (circostanza questa ampiamente dimostrata dalle indagine tecniche che hanno vista Giuseppe Guttadauro, grazie all'opera del figlio Mario Carlo, tessere varie dinamiche mafiose principalmente dal suo domicilio romano)".

Della posizione dell'ex capo mafia di Brancaccio ha parlato infine Filippo Bisconti, ex capo mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno. Bisconti, in particolare, nel novembre 2020 riferisce di un dialogo avuto con un altro affiliato, Giovanni Mangano, a proposito del "dottore": "Lui è attivo, lui vorrebbe starsene qua, solo che momentaneamente preferisce stare là (a Roma, ndr), perché qua si preoccupa se lo arrestano subito. Però si interessa sempre, comunque ed in ogni caso". E ancora: "Io ho capito che uno dei figli facesse di tutto, voleva fare di tutto, per essere intraneo alla famiglia mafiosa di Roccella, addirittura ambiva a farne parte".

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