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Colpo alla mafia in provincia di Palermo: condanne confermate e annullamenti parziali in Cassazione

La Cassazione ha confermato quasi del tutto la sentenza del processo di mafia «Black Cat», celebrato in primo grado davanti al Gup di Palermo e in tribunale a Termini Imerese. Nel verdetto quattro sole assoluzioni e 26 significativi annullamenti, che però sono solo parziali.

Estorsioni, richieste di pizzo, incendi e danneggiamenti erano stati al centro dei giudizi, riguardanti fatti avvenuti in una serie di paesi della provincia di Palermo. I supremi giudici hanno annullato senza rinvio e integralmente solo la condanna per favoreggiamento di Ciro Guardino, assistito dall’avvocato Giovanni Di Benedetto, mentre sono state confermate le assoluzioni (il ricorso della procura generale di Palermo è stato dichiarato inammissibile) di Saverio Maranto, Giuseppe Scaduto e Giuseppe Vitanza, difesi tra gli altri dagli avvocati Domenico La Blasca e Rosanna Vella.

Per Salvatore Schittino è stata disposta la rivalutazione dell’intera posizione da parte della Corte d’appello di Palermo. Annullamenti pure per Gandolfo Maria Interbartolo e Diego Rinella, le cui posizioni dovranno essere rivedute soltanto per una parte delle contestazioni che gli erano state rivolte.

Più complesso invece l’annullamento relativo all’aggravante del comma 6 dell’articolo 416-bis del codice penale. I giudici hanno cioè ritenuto che vada dimostrato meglio il reimpiego di capitali illeciti della mafia da parte di un consistente gruppo di imputati, che comprende anche Interbartolo e Rinella, assieme a Michele Modica, Antonino Vallelunga, Giuseppe Ingrao, Giuseppe Libreri, Salvatore Palmisano, Vincenzo Medica, Antonio Maria Scola, Giacomo Li Destri, Francesco Bonomo, Stefano Contino, Angelo Schettino, Raimondo Virone, Mario D’Amico, Gaetano Giovanni Muscarella, Salvatore Sampognaro, Diego Guzzino, Antonino Fardella, Vincenzo Civiletto, il pentito Massimiliano Restivo, Filippo Giovanni Colletti, Salvatore Abbadessa, Antonio Giovanni Maranto, Santo Bonomo.Per tutti loro - assodata la colpevolezza per mafia - dovrà essere riveduta la sentenza di condanna relativamente alla sola aggravante e dunque alla pena.

Sono inammissibili invece gli altri ricorsi presentati da una parte degli stessi imputati per reati diversi, così come quelli di Silvio Napolitano, Vincenzo Calderaro, Giuseppe Rio, Vincenzo Sparacio, Vincenzo Vassallo, Francesco Cerniglia, Antonino Giuliano. Inammissibili anche le impugnazioni che la procura generale di Palermo aveva presentato, chiedendo l’aggravamento delle condanne, contro Antonio Giovanni Maranto, Contino e Scola. L’unico ricorso difensivo rigettato in diritto riguarda invece Michele Sarraino. La Suprema Corte ha infine ribadito i risarcimenti assegnati a una serie di parti civili, tra cui alcune vittime del pizzo e le associazioni che avevano sostenuto le loro denunce contro il racket: Addiopizzo, Centro studi Pio La Torre, Confcommercio Palermo, Sos Impresa, Confesercenti provinciale.

I giudici hanno poi riconosciuto risarcimenti ai Comuni che si erano costituiti in giudizio, tutti della provincia di Palermo e che, con la sola esclusione di Casteldaccia, Cefalù, Sclafani Bagni, Termini Imerese e Trabia, pure presenti nel processo, si trovano nella catena montuosa delle Madonie o a ridosso: Alimena, Aliminusa, Caccamo, Caltavuturo, Castellana Sicula, Cerda, Collesano, Gangi, Geraci Siculo, Gratteri, Isnello, Petralia Sottana, Polizzi Generosa, Pollina, San Mauro Castelverde e Scillato

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