"La mia è stata un'azione caritatevole con l'associazione padre Pio dello Zen e con altre di diversi quartiere: raccogliere la spesa per persone che hanno bisogno. Non ho imposto nulla, non volevo dimostrare nulla se non fare un gesto buono in questo momento in cui alcune persone non hanno neanche un euro per mangiare". Parlava così Giuseppe Cusimano, 37 anni, arrestato oggi nel blitz antimafia a Palermo con l'accusa di essere al vertice del clan dello Zen.
Lo scorso aprile era stato intervistato per la sua iniziativa durante il lockdown: in via Luigi Einaudi distribuiva pacchi con generi alimentari per le famiglie più povere.
Ma dietro all'apparente generosità del capomafia, finito in cella oggi insieme ad altri 15 uomini d'onore, c'è solo l'esigenza di raccogliere quel consenso sociale sul quale Cosa nostra basa storicamente la sua forza.
Nemico dello Stato, ma pronto a sfruttarne l'aiuto, Cusimano percepiva il reddito di cittadinanza insieme ad Andrea Mancuso, considerato uomo d'onore della "famiglia" di Tommaso Natale, Giuseppe Rizzuto e Andrea Barone arrestati, anche loro oggi, per estorsione e minacce.
"Ho un precedente penale per lesioni a un poliziotto - diceva nei mesi scorsi Cusimano - Ero giovane e ho pagato. Non ho mai visto questo Lo Piccolo e con Serio è possibile che ci siamo visti: nel quartiere ci conosciamo tutti. Poi io vendo bombole di gas potrei avergliene portata una a casa".
"Sono stato contattato da un mio amico dell'esercito - raccontava - che mi ha chiesto una mano per chiedere ai negozianti se potevano donare qualche aiuto alimentare. Noi vendevamo bombole allo Zen portavamo gas in tutte le case. L'ho chiesto anche sulla mia pagina Facebook che è pubblica. Ho chiesto anche 5 euro agli amici sempre pubblicamente. Nessuna imposizione e nessuna prova di potere. Io ho un deposito di bombole e un distributore di benzina. Sono arrabbiato perché mi accusano di aiutare la gente per mafia".
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