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Cannoli e cassate nei bar, così la mafia palermitana voleva espandersi a Roma

Cosa nostra provava a estendere i propri affari a Roma. Lo dimostrano le intercettazioni finite nell'inchiesta dei Ros e della Procura di Roma, che ha messo in luce gli interessi dei clan palermitani nella Capitale con l'obiettivo di reinvestire il denaro in bar e pasticcerie.

Nei dialoghi tra Salvatore Rubino, uno degli arrestati insieme al fratello Benedetto e a Francesco Paolo Maniscalco, spunta l'affare di un bar - ristorante nel salotto di Trastevere, che aveva in menù cannoli espressi e cassate. Il locale è finito ora sotto sequestro.

Ma dalle carte dell'inchiesta, coordinata dai magistrati della Direzione antimafia di piazzale Clodio, come spiega Mariella Pagliaro sul Giornale di Sicilia in edicola, emerge che il gruppo aveva in mente di espandersi in tutto il quartiere.

L'inchiesta Gerione ha fatto scattare l'arresto, oltre che di Maniscalco e dei fratelli Salvatore e Benedetto Rubino, anche di Antonina Puleo e Federica Rubino (moglie e figlia di Benedetto Rubino) e di Salvatore Cillari, che sono finiti ai domiciliari. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, invece, per Giovanna Citarrella, Luca Imperatori, Roberta Rubino (figlia di Benedetto) e Marco Rubino (figlio di Salvatore).

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