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Stato-mafia: no alla deposizione dell'ex magistrato Guarnotta, testi 2 carabinieri

La Corte d’assise d’appello di Palermo, davanti alla quale si svolge il processo di secondo grado sulla trattativa Stato-mafia, dice no alla deposizione dell’ex magistrato Leonardo Guarnotta ritenendola non rilevante. Mentre ammette come testi due carabinieri, Angiolo Pellegrino e il colonnello Alberto Tersigni: si tratta dei due ufficiali che per primi utilizzarono come "fonte confindenziale" il collaboratore di giustizia Pietro Riggio. A chiedere di sentire come testi l’ex componente del pool antimafia e i due carabinieri era stata la procura generale. Nel 2001, infatti, quando Riggio era una guardia penitenziaria, divenne fonte dei due ufficiali all’epoca in servizio alla Dia di Palermo. A loro rivelò di avere appreso di "un fatto eclatante da compiersi a Palermo".

Più recentemente, deponendo a ottobre dinanzi alla Corte, Riggio (che iniziò a collaborare con la giustizia nel 2008) ha aggiunto tra le altre cose, che "il fatto eclatante era un progetto di attentato nei confronti del giudice Leonardo Guarnotta". Le indagini all’epoca - condotte da Pellegrini - portarono a un "nulla di fatto" sull'argomento, come ha confermato nelle scorse udienze anche il capo della Mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, citando una nota di Pellegrini redatta nel 2001.

A ottobre però Riggio ha spiegato di avere appreso da Vincenzo Ferrara (secondo lui parente prossimo del boss Piddu Madonia) che "l'indicatore dei luoghi in cui erano avvenute le stragi (Georgofili, via Palestro, San Giovanni al Velabro) era il 'professore', cioè Marcello Dell’Utri. La mente è lui (Dell’Utri) - aveva detto Riggio - che ci sta portando in fondo al tunnel e noi stiamo assecondando tutto. Ma che ne sa Riina di questi posti? Forza Italia era già nata e aveva vinto le elezioni". In questo contesto, secondo il collaboratore di giustizia, il fatto eclatante sarebbe stato un favore visto che Guarnotta, all’epoca presiedeva il collegio che processava Dell’Utri per concorso esterno a Palermo. Lo stesso magistrato, sentito dalla procura generale nel 2019, ha detto: "... negli anni 2000-2001 presiedevo il collegio che giudicava Marcello Dell’Utri a Palermo. Al tempo non ebbi alcuna notizia di un progetto di attentato ai miei danni".

Oggi la difesa Dell’Utri - gli avvocati Francesco Centonze e Francesco Bertorotta - sono stati molti duri: "Un esame obiettivo e razionale avrebbe dovuto portare ad accantonare la posizione di Riggio", ha detto Centonze, che ha aggiunto: "Dopo l’esame e il controesame e la deposizione della dottoressa Giustilisi l’apporto di Riggio è uguale al resto di niente. Ferrara infatti non è il cognato di Piddu Madonia; sul presunto attentato a Guarnotta nulla è venuto fuori come ha detto qui anche la Giustolisi. Mentre abbiamo assistito a ben quattro depositi istruttori dal 21 settembre per salvare Pietro Riggio". La difesa di Mori, tra gli altri documenti, ha depositato la nota della Cassazione dell’11 dicembre con cui si da notizia della sentenza divenuta irrevocabile (assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, che aveva scelto il rito abbreviato.

Il processo riprenderà il 18 gennaio con la deposizione dei due ufficiali dei carabinieri, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni. In primo grado la Corte d’assise, nel maggio 2018, aveva condannato a 28 anni di carcere il boss Leoluca Bagarella, a 12 anni l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni; stessa pena per Antonino Cinà, medico e fedelissimo di Totò Riina; 8 anni di reclusione per l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. AGI

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