«Alessandro D’Ambrogio ci ha raccontato, a una cena della trattoria del Diavolo, dove eravamo io, Nino Ciresi e Antonino Seranella, di una riunione in cui si discorreva dell’attentato al procuratore Di Matteo, richiesto in una lettera arrivata da Matteo Messina Denaro, e che (Girolamo, ndr) Biondino gli aveva fatto leggere. D’Ambrogio diceva di essere scettico sulla effettiva provenienza di tale lettera e di non concordare su tale attentato, in particolare affermando: 'Se vuole l’attentato perchè non viene lui a dircelo?'». Così il nuovo pentito Alfredo Geraci racconta cosa sarebbe avvenuto dopo la riunione tenuta nel dicembre 2012, in cui i capimafia di Palermo avrebbero parlato del progetto di uccidere il pm Nino Di Matteo: episodio già raccontato dal collaborante Vito Galatolo e che adesso Geraci indirettamente conferma.
Geraci, 41 anni, ex rapinatore e pregiudicato, era stato reclutato nel mandamento di Porta Nuova a Palermo per la crescente carenza di «materiale umano» a disposizione delle cosche e di Alessandro D’Ambrogio, considerato il capo della famiglia di Ballarò e uomo forte dell’intero territorio.
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